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Curinga , 12 febbraio 2012 Ultimamente, in Italia, si sta sviluppando un dibattito sempre più stringente sul mercato del lavoro. Il dibattito si sta via via allargando arrivando a comprendere tutto ciò che riguarda mondo del lavoro: tipi di contratti e garanzie per il futuro. La parte rappresentante il governo sta mettendo in discussione anche il contratto a tempo indeterminato e, addirittura, l’articolo 18. L’altra parte, rappresentata dai sindacati, sta cercando di parare i colpi cercando di portare a casa quanto di meglio può. Nel dibattito è completamente assente la sinistra , anzi, alcuni suoi esponenti, sono quasi d’accordo con i vari ministri del governo. Si mira, in fondo, a realizzare una precarietà permanente di chi lavora propinandola per possibilità di sviluppo e di creazione di nuovi posti di lavoro. Io, però, mi chiedo: ma di quale lavoro stiamo parlando? Si fa finta di non conoscere quello che sta avvenendo nel mondo e cioè che le multinazionali spostano continuamente la produzione sullo scacchiere mondiale secondo le loro convenienze. Sono sempre alla ricerca del costo più basso della manodopera e delle leggi più repressive nei confronti dei lavoratori. I primi paesi dove hanno trasferito la produzione sono stati la Corea del Sud, Taiwan, Hong Kong. Ci sono rimasti fino a quando gli operai hanno accettato salari da fame. Non appena i lavoratori hanno ottenuto qualche miglioramento le stesse multinazionali hanno spostato la produzione verso la Thailandia, le Filippine e l’Indonesia. Ora che anche in questi Paesi ci sono dei moti di rivolta stanno spostandosi in Cina, Cambogia e Vietnam. Intanto anche in Cina si intravedono segnali allarmanti e un’impresa come la Yue Yuen, produttrice di scarpe per le più prestigiose ditte mondiali, sta trasferendo la produzione nelle zone più interne della Cina poiché lì il salario minimo legale è più basso. Interi servizi informatici di grandi aziende e banche americane sono stati trasferiti in India lasciando a casa migliaia di disoccupati, tra cui migliaia di informatici e matematici. La Nokia, multinazionale dei telefonini, notizia recentissima, ha , di colpo, spostato i reparti di assemblaggio in alcuni Stati asiatici lasciando a casa ben 16.000 lavoratori tra Finlandia e Canada. Al primo posto, quindi, il profitto poi chi lavora può essere trattato come uno straccio di cui ci si può disfare in ogni momento. Mi si potrà obiettare che questa è la globalizzazione. Secondo me ,invece, non è altro che la resa ai potenti e alle grandi multinazionali che hanno in mano il governo del mondo. Mi chiedo, a questo punto, quando l’organizzazione mondiale del commercio arriverà a stipulare un accordo che impegni tutti gli stati del mondo ad inchinarsi davanti ai voleri delle multinazionali. Qualcosa è già in cantiere poiché all’interno della Banca mondiale è stata creata una commissione esaminatrice alla quale le multinazionali possono ricorrere ogni volta che si sentono danneggiate dalla non applicazione degli accordi. In pratica, così, rafforzano il loro potere all’insaputa di tutti. Ho descritto brevemente quello che sta succedendo nel mondo e, secondo me, l’Italia si vorrebbe allineare svendendo diritti, duramente conquistati, per ipotetici posti di lavoro. E’, a mio parere una logica inaccettabile ed è arrivato il momento di dire basta ad accordi internazionali stipulati per proteggere solo gli interessi delle grandi imprese mondiali. L’umanità ha bisogno dell’organizzazione mondiale per la tutela dei beni comuni e dei diritti di tutti i lavoratori. La natura e la giustizia sociale hanno bisogno di essere protetti e tutelati e non del libero arbitrio dettato dalle multinazionali e dalla grande finanza che ha causato la più grande crisi economica del mondo occidentale. Il mercato non dev’essere più considerato una divinità ma va regolamentato. L’uomo e i suoi valori, i beni comuni e universali devono tornare al centro degli interessi dell’umanità invertendo quello che è, oggi, il punto di vista dominante. Perché non cominciare ad immaginare un mondo senza Wall Street ? Senza dubbio, per ora, può sembrare un’utopia ma sono molti i movimenti laici e religiosi, nel mondo, che si stanno muovendo lungo questa direzione. Mimmo Curcio
Una breve considerazione Una riflessione quella di Mimmo Curcio, che merita un approfondimento collettivo ma anche personale; fino a quando saremo dei perfetti consumatori saremo dei perfetti succubi delle lobby che governano il mondo. Occorre forse fare anche un passo indietro rinunciando a quei bisogni impostici dalle multinazionali che ragionano solo in termini di profitto fine a se stesso, pensando all' uomo come mezzo di arricchimento e di sfruttamento. Cesare Natale Cesareo
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