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Poesie tratte daIo l' emigranteAntonio Zarola

 

DOLCE SORGENTE

 

Dolce sorgente  

che sempre concedi

fresco ristoro

della tua sostanza,

nè vento o acqua o luce siderea

han scalfito mai

la roccia, tua dimora.

Sorgente eterna

e silenziosa e quieta

tacita osservi

e irrori

volti assolati

e asciutti.

All’ombra del secolare pioppo

quanti di te si son giovati

dopo fatiche quotidiane e amare,

prima di raggiungere dimora?

Qui, sei testimone

del perpetuo passo

dell’umana prole

e il suo destino.

 

 

TUTTA UNA VITA

 

Sempre più triste e solo

trovo il mio paese,

tutto ci han preso,

anche le braccia più valide

e di queste

molte non torneranno.

Vedi qua e là

una casa bianca di calce

o rossa di mattoni,

lasciata a metà

o anche meno.

Come la rondine

che costruisce il nido

dove tornare nella bella stagione,

così l’emigrante

vorrebbe costruire la casa

dove andare alla fine,

quando torna,

se torna,

per la fine dei giorni,

di quei giorni più tristi,

più soli,

più amari,

più corti.

Che magra soddisfazione la sua:

il suo premio sarà,

forse,

una casa da vecchio.

 

 

LA GIOVINEZZA

 

Come passato sei,

o dolce tempo della bella etade,

tempo di primavera,

di grandi amori

che per me non fur;

non per gli anni sei via

ma per quegli usi

di cui  sogliono tanto

allietarsi i miei frati.

Ormai già sento! mai più

non rivedrò quel che sognai,

quel che d’usanza

per mia stagione

giusto sarebbe.

Solo illusioni or son,

solo speranze per il futuro

chè tardi allor.

Ora alla vita è d’uopo

quel che al mortale

appaga il desiderio

desiderio di vita, di allegria,

di modesti sollazzi

pur senza pompe

senza gran lusso; questi finor

non vidi, nè forse mai

vedrò, ma solo tetra

la via, priva di amore

la città, crudele il mondo.

 

 

L’UOMO DEL SUD

 

Gli occhi castani,

neri i capelli

e folti,

vaga sperduto l’emigrante

al Nord, nelle grandi città

fra nere ciminiere

e selve di palazzi.

Solitario cammina

guardando i palazzi superbi,

ma muto pensa

all’umile dimora lasciata

con speranza di tornare,

di rivedere la piazzuola,

la famiglia,

il cielo azzurro,

il mare, il sole,

l’umile sua gente di borgata.

Questo sa

l’uomo del Sud,

strappato alla sua terra,

ove non ci sono palazzi,

nè grattacieli o piazze ampie

riccamente ornate,

nè borghesi teatri

a trattenerlo.

Che nulla

in queste cose,

vale

tanto quanto

’umana

sua terra natia

ove il sole, il mare, il cielo

gli appartiene.                 

 

IL FIORE CHE AMO

 

 

È proprio te che cercai

per tutta una vita

 fra gli stenti e i dolori

fra tristezze e amarezze.

Mi sei apparsa sincera

con un cenno del capo

e una stretta di mano

al tuo primo saluto.

Castani hai gli occhi,

dolce lo sguardo,

bruni i capelli

come seta pura.

Un sorriso gentile,

un’immagine cara

di un bocciolo di rosa

nel tuo volto io vedo.

Ciò che ammiro ed adoro

nel guardarti e parlarti

è il tuo aspetto cordiale,

l’onestà che ti ispira.

“La dolcezza in persona

e l’amore ho trovato”

mi ripeto nel petto

col pensiero al mio Fiore.

Poi mi cullo nel sogno

di una dolce realtà

fra due braccia gentili

e due cuori in amore.

 

 

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