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  Poesie tratte da  ""    Giuseppe Senese

 

LE LUCI SI...

 

Le luci si spensero e in alto

restarono solo le stelle.

Scenario dal denso cobalto

Per farle davvero più belle?

 

Nessuno sentiva parole

sfiorare il silenzio notturno.

Le nubi serene da sole

tacendo volavano a turno.

 

Pacata la Luna lontana

ne offriva una fetta alla sera.

La verde distesa silvana

ancora svegliata non s’era.

 

Taceva la voce del vento,

del mare sognavano l’onde,

soltanto s’udiva il concento

d’un mondo che va e non risponde.

 

Lontano filò una cometa

solcando la bruna distesa.

Lasciò come un filo di seta

rimasta per poco in attesa.

 

Poi tutto sparì: si disperse

d’un sogno la luce volante.

La luce che amai si converse

in nuvola rosea filante.

 

Era l’alba che si svegliava,

l’alba, che un po’ prima non c’era.

Sui colli felice cantava

la luce che amò primavera.

 

Le stelle si spensero e in alto

il cielo cambiò di colore;

perdeva la notte lo smalto...

ma il sole cantava d’Amore.

 

 

 

 

TRAMONTI

 

Il sanguigno bagliore dei tramonti

Spande sul mare gettiti di fuoco,

l’ultimo raggio perdesi sui monti

e la valle s’imbruna a poco a poco.

 

I contadini dall’aduste fronti

Posan gli arnesi nell’usato loco,

mentre i fanciulli a rincasar son pronti,

lieti, troncando il quotidiano gioco.

 

Di sopra al colle antica una chiesetta

dal campanile la pia voce invia

nell’ima valle, alla più eccelsa vetta,

 

mentre in gruppo raccolti sulla via

il curvo vecchio e l’umile vecchietta

si stanno a recitar l’Ave Maria.

 

 

 

COSE INUTILI

 

Vorrei vivere solo

in un luogo lontano,

nella quiete serena

del silenzio montano.

 

In un piccolo brolo,

sopra un vasto altipiano,

coltivar di mia mano

le più inutili cose:

 

Coltivar le viole,

coltivare le rose;

sotto il tiepido sole

coltivar le mimose;

 

coltivare di grano

un’immensa distesa;

ma mi sembra un po’ strano...

sono inutili cose.

 

Coltivare la vita,

coltivare l’amore,

ingannare dell’ore

questa scena infinita,

sono inutili cose.

Questo cielo lasciare

seminato di stelle,

questo limpido mare

senza più caravelle;

questa effimera vita

alle ortiche gettare,

sono inutili cose.

 

Fra le inutili cose

sono i canti di Omero

e lo scibile umano

che per altro sentiero

in un giorno lontano,

con un volo stellare,

conterebbe le sorti

degli umani mutare.

 

Questo breve soffrire,

questo lungo tediare

chi potrebbe lenire,

chi potrebbe sanare?

 

Questo lento vanire

delle forze vitali,

questo lento morire

sono il male dei mali.

 

Questi canti che il cuore

tutti i giorni mi detta

nel silenzio dell’ore

alla Musa più eletta,

sono piccole cose

che il profumo non hanno

nè di gigli o di rose

e con loro cadranno

nelle inutili cose.

 

A te sola, nel giorno

che ti appressi al mio fianco,

con quel fare tuo stanco

che non dà mai ritorno

(chè natura c’impose

questa legge rotante,

agli umani, alle piante,)

m’inchino e ti comprendo

nel medesimo istante,

e ragione ti rendo:

nella lotta affannosa

sei un’inutile cosa.

 

L’uomo debole sente

bisogno di tutela;

e forse un espediente

trovò nella preghiera:

e piange o ride o anela,

inutilmente spera:

sia ipocrita o sincera,

questa messaggera

sicurezza non pose

all’anime penose

d’un bene ultraterreno.

 

La speranza, è pur vero,

ravviva molte rose

appassite nel seno;

ma poi tutto travolge

una forza impetuosa

fra le inutili cose.

 

E invano si rivolge

l’umano pensiero

a conoscere il vero:

 scandagliare il mistero

è una inutile cosa.

 

 

 

VITA

 

Noi siamo nati nel mondo per soffrire,

la terra ci sostiene per amore,

ma dubbio si presenta l’avvenire,

la gioia fu soppressa dal dolore.

 

Tutto quello che regola l’umane

vicende farà parte del mistero,

e l’uomo cade nella lotta immane

sempre cercando l’esile sentiero

 

che l’indirizzi dove dorme il Vero.

Nel vasto cerchio in turbinio vagante

scandaglia invano questo uman pensiero,

lucciola che si perde fra le piante.

 

 

                                                              

 

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