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Vincenzo Calvìeri

Sottotenente fanteria

Medaglia d’argento al valor militare

  

Vincenzo Calvìeri nacque in Curinga il 21 novembre 1892 da Sebastiano e da Eleonora Minniti. Costoro, con indefesso lavoro e continue privazioni potettero provvedere per tempo alla educazione di lui che, dotato d'intelligenza non comune, aveva intrapreso la carriera ecclesiastica,

come quella che alla sua epoca era la più economica e perciò la più corrispondente agli scarsi mezzi pecuniali di cui la famiglia poteva disporre.

Da giovinetto, circondato dall'affetto dei suoi, cercò subito di meritarselo sempre più, ed "attese a compiere la propria educazione ed istruzione con ogni diligenza e con grande amore guadagnandosi la stima dei maestri e dei compagni. Dei compagni pure, giacché mai da parte di alcuno

egli è stato mai oggetto d'invidia; tanta era la sua modestia, la sua lealtà, il suo affetto per tutti.

Percorrendo così i primi anni nei Seminari di Nicastro, Monteleone, Catanzaro e Bova, in ogni fine di anno scolastico egli intuiva la necessità di rendere legali i titoli dello studio fatto; ed all'insaputa del Seminario ed all'insaputa della sua famiglia, dopo ottenuta la promozione di classe nelle scuole ecclesiastiche frequentate, avvalendosi dei suoi risparmi pecuniari fatti durante un anno, pel pagamento delle tasse scolastiche, concorreva anno per anno agli esami delle Regie Scuole ginnasiali e liceali, ottenendone sempre la promozione e conservando i certificati legali relativi.Per tale sua previggenza, appena chiamato al servizio militare, si trovò al caso di ascriversi agli allievi ufficiali, e con la rigida disciplina dell'esercito, seppe trovar modo e tempo di continuare i suoi studi fino a conseguire la licenza liceale, ed ipso facto presentatosi al concorso di esami di Sottotenente, vi conseguì la nomina, riuscendo il 3° fra

tutti i concorrenti. Ed il 14 Agosto 1915, proveniente da Torino, vestito della sua nuova divisa di Sottotenente di Fanteria, per arrivare la sua nuova destinazione al 19° Reggimento

Fant. di stanza a Cosenza, vi passava dalla sua famiglia, fermandovisi sei giorni soltanto, valsi alla consolazione dei suoi vecchi genitori che videro con sì bel successo coronata l'opera loro.

Né il grado, né l'Autorità di Ufficiale dell'esercito lo avevano menomamente adulato, e nulla avea perduto di quella modestia ch'era stata sempre sua, nella casa di poveri agricoltori da cui proveniva; sicché tutti i cittadini indistintamente lo ebbero in grande stima, ed ammirandone

le qualità, tutti, in quei sei giorni che ha dimorato in famiglia, vollero portargli personalmente le più affettuose congratulazioni. Egli sentivasi arrivato all'apoteosi dei suoi sogni, esternava con orgoglio i suoi sentimenti per la patria, anelava il momento di far parte, con la sua nuova divisa,

tra le fila dei combattenti. Il 22 di Agosto si presentò al comando del suo Reggimento, raccomandandosi e piatendo di essere mandato dove tanti altri giovani suoi pari esponevano

la propria vita per la grandezza della Patria.

Otto giorni ancora e l'ottenne!

Il 29 di Agosto, ritornò per 24 ore in famiglia a prendere commiato da tutti, ed il successivo giorno 30 partì per raggiungere il 141° Regg. Fant. al quale fu destinato e che trovavasi in battaglia.

Dalla Zona di guerra egli scrisse la sua entrata il 16 settembre, in trincea.

Non dovea più ritornare ! Non è più ritornato !

Le sue lettere, donde appariva la sua vocazione di rendersi utile alla grandezza della Patria; donde appariva tutto il suo eroismo contro il nemico d'Italia; donde appariva che tutto per lui era passato in seconda linea, affetti di famiglia, di parenti, di amici... la sua giovinezza, la sua vita, il suo avvenire... di fronte all'amor della gloria italiana...; le sue lettere impensierirono tutti, e tutti, trepidanti, attendevano ad ogni istante notizie di assicurazione sulla sorte di lui ! E quelle sue lettere cessarono con la data del 20 Ottobre !

Il 13 di quel mese scriveva ad un suo amico e parente Sig. Bruno Garofalo, queste righe fra le altre: «Intorno alla guerra, mio caro, cosa vuoi che ti dica, le solite chiacchiere di giornali, i quali dicono tante di quelle cose che non sono mai avvenute. Sul nostro fronte, scontri ne avvengono tutti i giorni; ma sono scontri parziali di poca importanza che finiscono con la vittoria completa dei nostri, con poche perdite, dato il valore dei nostri bravi soldati, i quali nel

nostro Reggimento sono tutti calabresi. E per mia convinzione e constatazione dei fatti, posso assicurarti che valorosi come i nostri calabresi non ve ne sono. Presto avremo il cambio ed anche si apriranno le licenze, quindi spero di riabbracciarti. Certo tu sarai più trepidante di me per la mia stessa vita, poiché io che sono in continuo pericolo, neppure ci penso alla morte, assorto nel supremo pensiero di vincere e di condurre sul campo della gloria i miei soldati.»

Ed il 18 dello stesso Ottobre scrisse ai suoi genitori ed al Garofalo:

Ai primi diceva:

«Sto bene, e mi auguro che anche voi tutti stiate bene. Mai come in questo momento sento il bisogno di una paterna e materna benedizione che io con la presente chiedo.

Con l'augurio che questa benedizione mi giunga opportuna, tralascio di scrivere chiedendo la medesima ed abbracciando con affetto tutti, ecc.»

Al Garofalo diceva:

«Sto benissimo fino al momento, ma verso una fase di gloria che spero di poterne usufruire col maggiore vantaggio possibile. Credo che mi comprendi quel che voglio dire, e se ritardo a scrivere significa sto molto bene ed al sicuro e quindi cerca di non dimenticarti di un amico che ti ha sempre voluto bene. Non posso dirti altro. Tralascio con l'augurio di poterti inviare altra mia, ecc.»

Ed allo stesso Garofalo l'indomani 19 ottobre scriveva altra cartolina: «Carissimo, mentre il cannone tuona, io attendo il momento di lanciarmi all'assalto, alla vittoria -

Viva l'Italia - Avanti - Saluti - V.»

La successiva mattina, 20 ottobre, ultimo giorno in cui scrisse,vergò a matita queste laconiche notizie,ai genitori ed al Garofalo: agli uni «20-10-15 - Sto bene, chiedo S. benedizione - Vostro Vincenzo»; all'altro, «20-10-15 Ancora

sto benissimo - Saluti V.»

Furono le ultime!! Fu poscia il Comandante del 141° Regg. che in sua vece, più tardi, il 4 di novembre, telegrafò al Sindaco di Curinga:

«Compiacciasi comunicare dovute forme cautele famiglia Sottotenente Calvieri Vincenzo che gloriosamente cadeva sul campo battaglia»

 

Colonnello THERMES

Egli cadde sul campo di gloria, colpito alla testa e al petto, il 21 Ottobre, durante uno dei più impetuosi assalti dati dalle nostre fanterie al Monte S. Michele.

 

 

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