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ARCHEOLOGIA DELL'ARCHITETTURA IN CALABRIA: IL MONASTERO DI S. ELIA "VECCHIO" A CURINGA(CZ)

IL MONASTERO: QUADRO CONCLUSIVO

 

Alla fine dello studio sugli elevati del S. Elia "Vecchio" la cronologia relativa ricavata dalla lettura dei rapporti strati-grafici, ha rivelato la presenza di numerose fasi edilizie per le quali, grazie ai vari confronti con le murature dei conteso post classici della zona, e con l'analisi degli elementi archi­tettonici, possono essere effettuate alcune ipotesi di cronologia assoluta. La prima fase corrisponde dunque alla costruzione della chiesa con il bellissimo vano cupolato. Il progetto ambizio­so, probabilmente rimasto incompiuto, riguardava certamente anche la costruzione di un grande monastero annesso, i cui resti affiorano appena dalle strutture successive. Per quanto riguarda i confronti la tipologia della chiesa, appare molto più vicina ai modelli orientali piuttosto che alle chiese degli ordini mendicanti. Infatti il vano cupolato, con la simbologia del quadrato che si inscrive nel cerchio, sormontato dalla cupola costruita con grandissima maestria, esprime l'opposto della semplicità ricercata dai mendicanti nei loro edifici. Anche il fatto che non si trovino confronti validi per la muratura del vano cupolato è un'altra dimo­strazione della originalità di questa struttura, infatti il tipo di tecnica costruttiva, che utilizza i materiali del luogo come gli altri, ma che giunge a risultati ben diversi, È indice di una cultura lontana da quella a cui si possono riferire le altre mu­rature del S. Elia "Vecchio".La costruzione di un grande monastero, in questa zona, potrebbe essere collocata cronologicamente alla fine del IX sec., all'epoca della grande controffensiva bizantina contro gli arabi ", seguita da una riorganizzazione del territorio an­che dal punto di vista ecclesiastico. Il nome del generale bi­zantino Niceforo Foca, che guidò questa controffensiva è an­cora legato a questi luoghi % ed il fatto che nel suo esercito militassero anche unità armene ^ potrebbe giustificare le pa­rentele del monastero con quelle regioni. Naturalmente non si vuole utilizzare le particolarità dell'architettura armena come un comodo rifugio, si tratta solo di una ipotesi di lavoro, incoraggiata, tra l'altro, anche dai recentissimi studi sulla pre­senza armena nel territorio lametino .All'interno di questo monastero si insedia probabil­mente un gruppo di monaci, che tra i resti della precedente struttura costruisce una piccola chiesa (l'attuale cappella di S. Elia), infatti il muro sud della cappella si appoggia al muro perimetrale est della navata della chiesa. Questa fase potrebbe essere collocata all'XI secolo, come dimostrerebbero i primi confronti effettuati con pitture bizantine simili a quella del S. Elia.. Da quella data, fino all'arrivo dei carmelitani, il mona­stero sopravviverà solo grazie alla presenza di eremiti. A que­sta lunga fase potrebbe essere attribuita la tecnica muraria con­sistente nel ricoprire la superficie muraria con pietre di piccole dimensioni, che sembra circoscrivere un'area ben precisa al centro dell'area interna. Il volto attuale del monastero è comunque, per la maggior parte, opera dei frati carmelitani, ultimi occupanti del S. Elia "Vecchio", che trasformano la struttura con due fasi edilizie ben individuabili anche grazie all'aiuto delle fonti , adattandola alle esigenze della Regola Albertina . A questa fase corrisponde quello che è il dato più sugge­stivo della storia del monastero. Dopo un lunghissimo arco di tempo, trascorso in condizioni di pura sopravvivenza, il monastero subisce un risveglio legato al suo passato remo­to, e cioè al nome di Elia. Entrambe le tradizioni, quella di Elia basiliano, e quella di Elia carmelitano hanno trovato in questo luogo il contesto ideale per condurre la propria esi­stenza. I basiliani vi ritrovavano il "deserto" inteso come luogo dì contemplazione, il deserto della "brezza leggera", o del "silenzio sonoro, in cui il profeta Elia incontrò Dio (1-3 Re 19,11). Molti secoli dopo la tradizione rivive attraver­so i carmelitani nei quali permane il modello eliano di solitudi­ne, penitenza, zelo, esperienza mistica, uniti alla preoccupa­zione per la crisi religiosa, difesa dei poveri, solidarietà e speranza. Attraverso la lettura stratigrafica delle murature è stato possibile individuare le varie fasi della storia del mo­nastero, distinguendole per le differenti tecniche e inqua­drandole in diversi contesti culturali e cronologici. Nuovi elementi certamente potranno emergere dalle future cam­pagne di scavo, e dall'approfondimento dei confronti con le altre murature della zona. Ma stabilire una cronologia asso­luta per un complesso architettonico come il S. Elia "Vecchio" è anche un primo passo verso la creazione di un indi­spensabile atlante regionale delle murature. In particolare l'esigenza dell'approccio archeologico agli elevati, ormai pie­namente riconosciuta, diventa una vera e propria necessità in contesti come quello Calabrese, caratterizzati dalla forte omogeneità di tecniche e materiali.

Eugenio Donato