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LA POLITICA SPOT

 

 

Curinga, 10 giugno 2014

In una società dominata dai mass media anche il senso comune ha interiorizzato l’uso della propaganda più sfrenata durante le competizioni elettorali.

Pur tuttavia, a distanza di un anno dall’insediamento della nuova Amministrazione, l’esigenza di assicurarsi una qualche visibilità, ancorché non si è affatto operato né tanto meno contribuito al bene comune, spinge l’opposizione ad un uso improprio ed abnorme  della propaganda, affinché questa possa in qualche modo testimoniare l’esistenza di chi la usa e ciò a prescindere dall’argomento trattato. Ciò perché lo stesso argomento diventa un mero strumento.

E’ l’apparire che da forma diviene sostanza fine a se stessa, è la politica che si svuota totalmente dal suo più nobile significato e diventa uno spot.

Spesso capita di vedere delle réclames che sono veramente espressioni artistiche, altrettanto spesso capita di non ricordare cosa pubblicizzino, anche se magari possono apparire comunque belle e rimangono così in mente.

Ma è tollerabile che un meccanismo che regola il consumismo, uno strumento nato per la compravendita di beni, questo grande fratello che prorompe nelle nostre case e condiziona le nostre scelte, sia utilizzato in modo speculativo in politica tanto da interferire con i reali bisogni delle persone?

Non si discute qui del bisogno, indotto, di comprare un telefonino supertecnologico con il quale è possibile fare di tutto tra cui magari anche telefonare, ma delle esigenze reali di una collettività che quotidianamente vive il disagio di abitare in un paese del sud d’Italia storicamente povero (terra di emigranti, che nel tempo ha perso la testardaggine e l’orgoglio di essersi ‘fatto con le proprie mani’, mani di contadino e artigiano, per inseguire il miraggio del ‘posto fisso ’ come corrispettivo elettorale); dell’esigenza di sopravvivere alla crisi attuale, che aggrava quella atavica, e dare una speranza per il futuro dei propri figli.

Dei bisogni primari di un paese abbandonato a se stesso per troppo tempo, anche nei tempi in cui il sostegno costante dello Stato avrebbe consentito di investire nelle risorse del nostro territorio e in cui invece è mancata una qualsiasi forma di progettazione.

Della difficoltà odierna di amministrare con pochissime risorse economiche ed una carente macchina burocratica, dell’esigenza di rimanere comunque comunità.

Allora qual è il senso di un volantino che urla ‘Vergona’, ma quale vergogna, di chi? Deve vergognarsi chi, di fronte al degrado dei luoghi deputati a favorire gli incontri ed il confronto, come i polivalenti esistenti a Curinga ed Acconia, si prodiga per recuperare i fondi per il ripristino di tali strutture pubbliche, magari riuscendoci pure, o chi dà fuoco a tali strutture, imbratta, deturpa, distrugge i beni comuni o ancora chi ha assistito a tale degrado senza reagire e che per cinque anni di permanenza all’amministrazione attiva non ha fatto nulla?

L’odissea decennale di un cittadino alle prese con la rottura di un tubo della fognatura, conclusasi definitivamente in questi giorni, (con un intervento della stessa Amministrazione che non sarebbe stato neanche necessario se l’attività gestionale dell’Ente funzionasse a dovere) può essere oggetto di mera speculazione da parte di chi non ha neppure l’accortezza d’informarsi sui provvedimenti d’urgenza che il Comune stava già adottato, pur di gridare alla vergogna?

Quel che c’è di veramente vergognoso purtroppo è solo questo modo di fare politica, l’assistere al degrado del confronto democratico in una opposizione a prescindere, pur di guadagnarsi una qualche visibilità, alla rinuncia ad un ruolo attivo e propositivo che, sia pur con le normali dinamiche della competizione,  contribuisca allo sviluppo del paese.

 

La vicesindaco

Dott.ssa Patrizia Maiello

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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