Curinga, 00 aprile 2014
Il 21 marzo, in occasione della Giornata Mondiale per l'Acqua, è stata depositata alla Camera la proposta di legge per la ripubblicizzazione del servizio idrico. L'iniziativa nasce da alcune decine di deputati di diversi gruppi politici (Pd, Sel, Cinque Stelle e Popolari) che, ad inizio legislatura avevano dato vita all'intergruppo "Acqua bene comune" in accordo con il Forum italiano dei movimenti per l'acqua .E' importante che finalmente si stia - anche se faticosamente - muovendo una iniziativa parlamentare come la presente proposta di legge presentata da tre prime firmatarie l’Onorevole Federica Daga, l’Onorevole Raffaella Mariani e l’Onorevole Serena Pellegrino, in armonia con lo spirito che lo scorso 12 Giugno ha portato alla costituzione dell’intergruppo Acqua Bene Comune, al quale hanno aderito più di 200 parlamentari eletti in questa legislatura, appartenenti a diverse forze politiche e che ha come primo obiettivo quello di sottoscrivere e depositare la legge d’iniziativa popolare “Principi per la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque e disposizioni per la ripubblicizzazione del servizio idrico” depositata nel 2007 dal Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua e qui opportunamente aggiornata e condivisa con il Forum stesso.
L’acqua è fonte di vita. Senza acqua non c’è vita.
La risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel luglio 2010 ha sancito che l’accesso all’acqua potabile ed ai servizi igienico-sanitari è un diritto umano, cioé universale, indivisibile ed imprescrittibile. Gli Stati nazionali hanno il dovere di assicurare acqua di buona qualità, accessibile ad una distanza ragionevole dalla propria casa. La effettiva concretizzazione del diritto umano all’acqua costituisce la grande sfida a cui tutti i Parlamenti nazionali e la comunità internazionale devono dare, in tempi brevi, una risposta concreta.
L’Italia è stata tra i Paesi che hanno votato la risoluzione ONU e pertanto compete al Parlamento italiano coerentemente con questo atto politico concretizzare il diritto umano all’acqua per tutti con una legislazione che sancisca il recepimento del principio sancito da questa risoluzione.
Il diritto all’acqua è un diritto inalienabile: dunque l’acqua non può essere proprietà di nessuno, bensì bene condiviso equamente da tutti.
In funzione, di crescenti livelli di povertà e difficoltà economiche da parte di alcune fasce sociali a pagare le tariffe dell’acqua, è urgente dotare il nostro Paese di una legge nazionale che sancisca e garantisca il diritto ad una quantità minima di acqua potabile e che contenga norme per garantire l’accesso all’acqua anche nelle aree più povere del mondo.
Oggi sulla Terra oltre un miliardo e cinquecento milioni di persone non hanno accesso all’acqua potabile. Si prevede che nel giro di pochi anni tale numero raggiunga i tre miliardi. Il principale responsabile di tutto ciò è il modello neoliberista che ha prodotto una enorme disuguaglianza nell’accesso all’acqua, generando oltretutto una sempre maggior scarsità di quest’ultima, a causa di modi di produzione distruttivi dell’ecosistema.
L’acqua è fonte di vita per tutte le specie viventi e per il buon funzionamento degli ecosistemi del Pianeta. L’acqua costituisce pertanto un bene comune dell’umanità, un bene irrinunciabile e che appartiene a tutti.
L'acqua, non può essere annoverata - anche in ossequio della volontà popolare espressa dai cittadini nel referendum del Giugno 2011 - tra le “commodity” perché l’acqua non è una merce. E’ necessario, pertanto, dotare il nostro paese di un quadro legislativo nazionale che sancisca la natura pubblica del “servizio idrico integrato (SII)” e lo sottragga dai servizi pubblici locali di rilevanza economica (SIEG).
Il mantenimento del servizio idrico fra quelli a “rilevanza economica” conferma la natura di “commodity” dell’acqua e comporta l’assoggettamento del SII alle regole del mercato, quindi della concorrenza. A riguardo è opportuno rilevare che la Commissione Europea ha recepito queste istanze. Infatti l'accordo sulle nuove norme UE per le concessioni ricorda che gli Stati membri restano liberi di decidere come desiderino siano eseguiti i lavori pubblici o erogati i servizi - in house o esternalizzandoli a società private. La nuova direttiva "non impone la privatizzazione delle imprese pubbliche che forniscono servizi al pubblico", aggiunge il testo. Inoltre, i deputati hanno riconosciuto la particolare natura dell'acqua come un bene pubblico, accettandone l'esclusione dal campo di applicazione delle nuove regole.
E tuttavia, le pressioni ai diversi livelli (internazionale, nazionale e locale), finalizzate ad affermare la privatizzazione e l’affidamento al cosiddetto libero mercato della gestione della risorsa idrica, continuano imperterrite e travalicano trasversalmente le diverse culture politiche ed amministrative.
Il «Water Blueprint» proposto dalla Commissione Europea in materia di «gestione dell’acqua» dopo la DQE- Acqua, disegna la «base programmatica» delle scelte dell’Unione Europea riguardo le problematiche dell’acqua in Europa fino al 2030. I pilastri su cui si fonda la politica europea dell’acqua sono orientati a “dare un prezzo giusto all’acqua” nel quadro di una monetizzazione generalizzata dell’acqua e della natura per una gestione efficiente dell’acqua merce ed assegnare il compito di monitorare, gestire e decidere delle priorità degli usi e delle modalità di uso ai portatori d’interessi economici, privati o pubblici. Pertanto risulta opportuno che tale impostazione venga contrastata fortemente.
Per funzionare correttamente ogni società ha bisogno di “possedere”, promuovere e “governare” insieme una serie di beni e servizi comuni pubblici. L’acqua è anzitutto un sistema locale di vita. La gestione pubblica e partecipata del servizio idrico a tutela dell’acqua come “bene comune” significa adottare una nuova “economia” (“regole della casa”), cioè rilanciare il ruolo delle città e la partecipazione dei cittadini.
Per questo, arrestare i processi di privatizzazione dell’acqua assume, nel XXI secolo, sempre più le caratteristiche di un problema di civiltà, che chiama in causa politici e cittadini, che chiede a ciascuno di valutare i propri atti, assumendosene la responsabilità rispetto alle generazioni viventi e future.
Le lotte per il riconoscimento e la difesa dell’acqua come bene comune hanno acquisito in questi anni una rilevanza e una diffusione senza precedenti, assumendo anche nuovi significati ed approfondimenti.
Da una parte, le lotte contro la privatizzazione e per il diritto d’accesso all’acqua e alle risorse naturali sono state il motore di cambiamenti sociali e politici epocali in diversi continenti, a partire dall’America Latina dove paesi come l’Uruguay, la Bolivia, il Venezuela e l’Ecuador, hanno rescisso i contratti con le grandi multinazionali e inserito nelle proprie Costituzioni l’acqua come diritto umano universale e la gestione partecipativa e comunitaria del servizio idrico.
Dall’altra si deve considerare che anche in Europa, diverse città hanno intrapreso processi di ripubblicizzazione della gestione del servizio idrico. La città di Parigi nel 2010 ha portato a termine il processo di ripubblicizzazione dell’acqua liquidando 25 anni di gestione in mano a Suez e Veolia, le due più grandi multinazionali dell’acqua, sconfitte nel cuore del loro impero. Percorso simile è stato seguito a Berlino dove ad inizio 2011 si è svolto un referendum cittadino in cui è prevalsa la posizione a favore di un ritorno alla gestione pubblica dell'acqua. Attualmente l'amministrazione municipale ha avviato la procedura per la riacquisizione delle quote di proprietà del partner privato Veolia. Più in generale le lotte per l’accesso all’acqua tendono sempre più a divenire strumento di costruzione di pace contro la guerra globale, oggi sempre più determinata dalla competizione per il controllo delle risorse naturali strategiche, di cui l’acqua è la più importante.
Anche nel nostro Paese l’importanza della questione acqua ha raggiunto nel tempo una forte consapevolezza sociale e una capillare diffusione territoriale, aggregando culture ed esperienze differenti e facendo divenire la battaglia per l’acqua il paradigma di un altro modello di società.
E’ un percorso che parte da lontano. Nel 2003, dichiarato dall’ONU Anno mondiale dell’acqua, proprio a Firenze si svolse il Forum Mondiale Alternativo dell’Acqua che, ispirandosi al concetto di acqua come bene comune necessario alla vita, bocciò le politiche fondate sulla trasformazione dell’acqua in merce.
Da allora sono state decine e decine le vertenze che si sono aperte nei territori contro la privatizzazione dell’acqua e per un nuovo governo pubblico e partecipato della stessa.
La necessità di mettere in rete e collegare fra loro queste diverse esperienze, unita alla consapevolezza che per poter produrre un cambiamento effettivo occorreva costruire sull’acqua una vertenza di dimensione nazionale, sono state il terreno di coltura che ha permesso nel marzo 2006 la nascita del Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua, una rete costituita da centinaia di comitati territoriali e decine di reti nazionali, associative, sindacali e politiche.
Proprio perché tale cultura diventi politica concreta ed esperienza consolidata, le realtà territoriali e le reti nazionali che hanno promosso il Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua hanno deciso di darsi e di fornire al Paese uno strumento normativo che disegni il quadro della svolta auspicata: una proposta di legge d’iniziativa popolare con gli obiettivi di tutela della risorsa e della sua qualità, di ripubblicizzazione del servizio idrico integrato, di gestione dello stesso attraverso strumenti di democrazia partecipativa.
Nel 2007 a sostegno di tale proposta di legge sono state raccolte oltre 400.000 firme. Un risultato straordinario per il Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua, che ha trovato l’ulteriore appoggio da parte di diverse centinaia di enti locali.
La mobilitazione sociale a favore di una gestione pubblica e partecipativa dell'acqua è proseguita in tutti questi anni e ha registrato un passaggio fondamentale il 12 e 13 Giugno 2011, quando i referendum hanno di nuovo raggiunto il quorum e sono tornati ad essere lo strumento di democrazia diretta che la Costituzione garantisce. La maggioranza assoluta delle italiane e degli italiani ha votato Sì ai due referendum per l'acqua bene comune: oltre il 95% dei votanti si è espresso dunque in favore della fuoriuscita dell'acqua da una logica di mercato e di profitto.
Il combinato disposto dei due quesiti referendari consegna un quadro normativo che rende necessaria la ripubblicizzazione del servizio idrico integrato. Infatti, così come sancito nella sentenza della Corte costituzionale di ammissibilità del I° quesito (sentenza n. 24/2011), l'abrogazione del c.d. Decreto Ronchi (art. 23 bis L. 133/08 e successive modifiche) rimanda direttamente alla disciplina comunitaria in ordine alla gestione dei servizi pubblici locali, la quale prevede anche la gestione tramite enti di diritto pubblico, quali sono ad esempio in Italia le aziende speciali e le aziende speciali consortili; mentre l'abrogazione della parte del comma 1 dell'art. 154 (D.lgs 152/2006) relativa all'adeguata remunerazione del capitale investito ha eliminato la possibilità per il gestore di ottenere profitti garantiti sulla tariffa. Anche in questo caso la Corte costituzionale (sentenza n. 26/2011) ha decretato che la nuova tariffa è immediatamente applicabile e deve prevedere esclusivamente la copertura dei costi a partire dalla data pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Decreto del Presidente della Repubblica 18 Luglio 2011, n. 116.
Ad oggi, trascorsi oltre 2 anni e mezzo dalla vittoria referendaria, i Governi che si sono succeduti non hanno compiuto nessun passo in direzione di quella volontà popolare così chiaramente espressa, mentre diverse sono le misure, approvate e/o proposte, che muovono in direzione opposta.
La straordinaria partecipazione alla campagna referendaria e il fatto che circa 27 milioni di cittadine e cittadini abbiano votato il 12 e 13 giugno sono il segnale di quanto il tema dell'acqua abbia suscitato interesse nell'opinione pubblica.
Inoltre la vittoria dei Sì per oltre il 95% indica quale sia la strada da percorrere e crediamo che la legge d'iniziativa popolare in oggetto sia assolutamente conseguente all'espressione della volontà popolare.
La presente proposta di legge risponde, quindi, all'urgenza di dotare il nostro paese di un quadro legislativo unitario rispetto al governo delle risorse idriche come bene comune, introducendo modelli di gestione pubblica e partecipata del servizio idrico in attuazione dell’esito referendario. Tale testo scaturisce dalla necessità di un cambiamento normativo nazionale e risulta essere la reale e concreta attuazione dell'esito referendario, che segni una svolta radicale rispetto alle politiche, che hanno fatto dell’acqua una merce e del mercato il punto di riferimento per la sua gestione, provocando dappertutto degrado e spreco della risorsa, precarizzazione del lavoro, peggioramento della qualità del servizio, aumento delle tariffe, riduzione dei finanziamenti per gli investimenti, diseconomicità della gestione, espropriazione dei saperi collettivi, mancanza di trasparenza e di democrazia. Ovvero, il totale fallimento degli obiettivi promessi da una martellante campagna di promozione comunicativa in ordine ai benefici della privatizzazione e del cosiddetto partenariato pubblico-privato - maggiore qualità, maggiore economicità, maggiori investimenti - che, alla prova dei fatti si sono dimostrati totalmente inconsistenti.
Passiamo ad illustrare i singoli articoli della proposta di legge.
L’articolo 1 stabilisce le finalità della legge, identificate come la definizione dei principi con cui deve essere gestito il patrimonio idrico nazionale e la definizione di un governo pubblico e partecipativo del ciclo integrato dell’acqua.
L’articolo 2 stabilisce i principi generali, definendo l’acqua come un bene naturale e il diritto all’acqua potabile, di qualità ed ai servizi igienico sanitari come un diritto umano essenziale al pieno godimento della vita e di tutti i diritti umani, come sancito dalla Risoluzione ONU nr. 64/2010. Inoltre si definisce l'acqua come un bene comune e una risorsa rinnovabile da tutelare anche per le generazioni future e l’indisponibilità dell’uso della stessa secondo logiche di mercato, la priorità dell’uso per l’alimentazione e l’igiene umana, la priorità dell’uso produttivo per l’agricoltura e l’alimentazione animale, la necessità che ad ogni prelievo concesso corrisponda un contatore dell’uso.
L’articolo 3 stabilisce i principi relativi alla tutela e alla pianificazione della risorsa acqua, definendo i distretti idrografici come dimensione ottimale di governo e gestione dell’acqua. Si sancisce che per ogni distretto idrografico viene costituita una Autorità di Distretto idrografico che definisce il Piano di gestione sulla base del bilancio idrico, gli strumenti di pianificazione e concede il rilascio e il rinnovo delle concessioni i quali devono essere vincolati al rispetto delle priorità, così come stabilite all’articolo 2, commi 3 e 4. Inoltre si da mandato al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare di individuare i criteri per la redazione dei bilanci idrici. In ultimo si stabiliscono gli strumenti per la conservazione della risorsa al fine di garantire il raggiungimento di uno stato di qualità vicino a quello naturale entro l’anno 2015 come previsto dalla Direttiva 60/2000/CE, oltre al fatto che dalla data di entrata in vigore della presente legge nessuna nuova concessione per sfruttamento, imbottigliamento e utilizzazione di sorgenti, fonti, acque minerali o corpi idrici idonei all’uso potabile può essere rilasciata.
L’articolo 4 stabilisce i principi relativi alla gestione del servizio idrico, definendo tale servizio privo di rilevanza economica e sottratto ai principi della libera concorrenza, poiché persegue finalità sociali e ambientali di pubblico interesse.
L’articolo 5 stabilisce che la funzione regolatoria del governo del ciclo naturale dell’acqua e della sua salvaguardia come bene ambientale è affidata in esclusiva al Ministero dell'Ambiente che svolge anche le competenze di regolamentazione di tutti gli usi, produttivi e non produttivi, e del servizio idrico, e di determinazione delle componenti delle tariffe. Inoltre si affida alle Regioni il compito di redigere il Piano di tutela delle acque e la facoltà di normare la scelta del modello gestionale del servizio idrico integrato, esclusivamente tra quelle possibili per gli enti di diritto pubblico. Mentre gli enti locali, attraverso il Consiglio di Bacino svolgono le funzioni di programmazione del Piano di bacino, organizzazione del servizio idrico integrato, scelta della forma di gestione, modulazione delle tariffe all'utenza. In ultimo le funzioni di controllo delle disposizioni vigenti sono affidate ad una Autorità nazionale di vigilanza sulle risorse idriche.
L’articolo 6 stabilisce che la gestione e l’erogazione del servizio idrico integrato non possono essere separate
e possono essere affidate esclusivamente ad Enti di diritto pubblico. Inoltre si definisce che le modalità della fase di transizione verso la ripubblicizzazione della gestione del servizio idrico, stabilendo la decadenza degli affidamenti in essere in concessione a terzi, e definendo i tempi e i vincoli per la trasformazione degli affidamenti in essere attraverso società a capitale misto pubblico-privato o attraverso società a totale capitale pubblico. Il medesimo articolo definisce anche il ricorso ai poteri sostitutivi in caso di mancata ottemperanza a quanto previsto.
L’articolo 7 stabilisce, al fine di attuare i processi previsti dalla fase di transizione, l’istituzione del Fondo Nazionale per la ripubblicizzazione, delegando il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare ad emanare apposito regolamento entro tre mesi. Inoltre si definisce che l'alimentazione di tale Fondo si provvede tramite anticipazione cui è autorizzata Cassa Depositi e Prestiti.
L’articolo 8 stabilisce le modalità di finanziamento del servizio idrico integrato attraverso la fiscalità generale e specifica e la tariffa. Inoltre si definisce che i finanziamenti reperiti attraverso il ricorso alla fiscalità generale e i contributi nazionali ed europei sono destinati a coprire in particolare i costi di investimento per tutte le nuove opere del SII e i costi di erogazione del quantitativo minimo vitale garantito. In ultimo si definisce la costituzione di un apposito Fondo al fine di accelerare gli investimenti nel servizio idrico integrato, con particolare riferimento alla ristrutturazione della rete idrica, per la cui alimentazione è autorizzata l'anticipazione da parte di Cassa Depositi e Prestiti.
L’articolo 9 stabilisce le modalità di finanziamento del servizio idrico integrato attraverso la tariffa, definendo l’erogazione gratuita di 50 litri per abitante come quantitativo minimo vitale giornaliero; definendo le condizioni a cui il soggetto gestore del servizio idrico integrato può procedere alla limitazione della fornitura idrica; definendo i principi cui dovranno conformarsi il metodo tariffario elaborato dal Ministero dell'Ambiente; definendo che il Consiglio di Bacino procede, in funzione dei bilanci idrici, alla modulazione delle tariffe all'utenza sulla base del metodo definito dal Ministero dell'Ambiente e del Piano di Bacino.
L’articolo 10 stabilisce i principi del governo partecipativo del servizio idrico integrato che le normative regionali dovranno disciplinare; definendo che gli strumenti di democrazia partecipativa devono essere disciplinati negli Statuti degli enti locali; definendo anche che le sedute del Consiglio di Bacino devono essere pubbliche.
L’articolo 11 stabilisce, al fine di favorire l’accesso all’acqua potabile per tutti gli abitanti del pianeta, l’istituzione di un Fondo Nazionale di solidarietà internazionale, finanziato dal prelievo in tariffa di 1 cent/euro per metro cubo di acqua erogata e dal prelievo fiscale nazionale di 1 cent/euro per ogni bottiglia di acqua minerale commercializzata; il Fondo sarà destinato a progetti di cooperazione internazionale decentrata e partecipata dalle comunità locali per il sostegno all’accesso all’acqua.
L’articolo 12 stabilisce la copertura finanziaria della legge, per quanto attiene al ricorso alla fiscalità generale, attraverso la destinazione di una quota annuale di risorse pari a 1 miliardo di Euro proveniente da una corrispondente riduzione delle spese militari, a partire da quelle stanziate per l'acquisto degli aerei F35; la destinazione di un quota parte, pari a 2 miliardi di Euro/anno, delle risorse derivanti dalla lotta all'evasione e elusione fiscale; la destinazione delle risorse provenienti da una tassa di scopo pari a 1 centesimo di Euro per ogni bottiglia PET commercializzata; la destinazione dei fondi derivanti dalle sanzioni emesse in violazione delle leggi di tutela del patrimonio idrico; l'allocazione di una quota annuale delle risorse derivanti dall'introduzione di una tassa di scopo relativa al prelievo fiscale sulla produzione e l'uso di sostanze chimiche inquinanti per l'ambiente idrico; la destinazione di quota parte delle risorse aggiuntive provenienti da una riformulazione dell’attuale Tassa sulle Transazioni Finanziarie.
L’articolo 13 stabilisce l’abrogazione di tutte le disposizioni incompatibili con quanto definito nella legge.
Questo documenro vuole portare un contributo alla discussione che si è aperta tra maggioranza e opposizione durante l’ultimo consiglio comunale a proposito dell’affidamento del servizio idrico integrato dell’acqua potabile. Alla luce di questo progetto di legge ritengo che l’argomento vada approfondito anche in un pubblico dibattito che veda coinvolti i cittadini curinghesi.
Mimmo Curcio