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Note Biografiche  

Cesare Cesareo

Ispettore onorario alle antiche e belle arti

 

 

( Vibo Valentia 8.3.1890 - Lamezia Terme 29.10.1977)

 

Venuto giovanissimo con la famiglia a Curinga si è sempre sentito curinghese di adozione.

Il suo credo che lo ha accompagnato per tutta la vita si riassume nel trinomio "Umanità, Patria e Famiglia": All'Umanità ha dato l'esempio di dirittura morale, alla Patria ha dato gli anni più belli della sua esistenza partecipando alla prima guerra Mondiale da dove è ritornato pluridecorato, alla Famiglia numerosa (sette figli) ha dato affetto, cure ed esempio di rettitudine.

La sua passione è stata la ricerca storica ed archeologica: nel 1947 è stato nominato, con decreto, ispettore onorario alle antiche e belle arti. In tale veste ha interessato molte volte la Sovrintendenza alle antichità con interessanti rilievi personali.

Nel 1966 ha pubblicato, per i tipi della "Rapida" di FERMO, il volume "Curinga". In questo elaborato al carattere demologico e socio - economico utile per la conoscenza moderna della zona, si uniscono le conoscenze storico - Archeologiche di notevole interesse.

Per un certo periodo ha avuto la "corrispondenza" de " il Giornale d'Italia" diretto allora da Virgilio Gaida che non disdegnava di pubblicare alcuni noti elzeveri.

Ha ricevuto dall'Unione culturale Calabrese  riversi riconoscimenti e diplomi (premi nazionali edizioni : 1972 -73 - 74- 1976).

E' stato attivo collaboratore di "Calabria Letteraria" con la pubblicazione di interessanti articoli di carattere storico ed archeologico. Si è dedicato anche alla pittura componendo numerosissimi quadri ad olio, a pastello e ad acquerello aventi prevalentemente soggetti paesaggistici e floreali. Anche in questo campo ha avuto molti riconoscimenti ufficiali .

La sua modestia era tale che non ha mai  consentito l'organizzazione di esposizioni o mostre. Tutte le opere sono state regalate ai figli ed agli amici.

Appassionato ricercatore, ha collezionato numerosi reperti Archeologici donati al Comune di Curinga perchè vadano ad arricchire il Museo Comunale del Costume di prossima apertura negli appositi locali messi a disposizione dell'amministrazione Comunale per l'interessamento determinante dell'attuale Sindaco Cavaliere Domenico Calvieri.   

CESARE CESAREO VISTO DA 

DARIO LEONE

Tratto da “Calabria Letteraria” Gennaio - Febbraio 1978

  Dopo la dipartita dell’amico Cesare Cesareo, un altro vuoto si apre per «Calabria Letteraria» che, in questi ultimi tempi, sembra essere colpita duramante da una successione di lutti.  Nella grande famiglia di «Calabria Letteraria», Cesare Cesareo, l’indimenticabile “Don Cesare”, come il lo chiamavo per la sua signorilità, il suo tatto, la sua intelligenza, la sua preparazione, qualità tutte  che lo facevano sembrare un uomo d’altri tempi e d’altra educazione. Egli brillava per i suoi interessantissimi articoli di carattere storico - archeologico, per le sue acute osservazioni, per l’interessamento con cui seguiva questo non facile campo di studi.

Egli ha portato un valido contributo alle scoperte archeologiche che si sono succedute nella vasta zona di Curinga, interessando molte volte la Soprintendenza alle Antichità con i suoi rilievi personali, che culminarono con bel volumetto “Curinga”, edito da la “Rapida”, Fermi, 1966, in cui “Don Cesare” condensò i suoi studi e le sue ricerche. In questo volumetto, vi sono descritte in modo piano e brillante tutto quel che fino allora si conosceva della città di Curinga e del Villaggio di Acconia o Lacconia, località che per tanto tempo è stata oggetto di lunghissime ricerche da parte di “Don Cesare”.

In questo libretto tanto prezioso, oltre ai rilievi di carattere demologico e socio-economico, di grande importanza per le conoscenze moderne della zona, si aggiungono quelle storico - archeologiche, che rivestono un particolare interesse. Ma il vero valore del volumetto è costituito dalla documentazione storica e dalla descrizione dei vari monumenti che si trovano «in situ».

Uno di questi è il Convento di S. Elia Vecchio, con annessa chiesa, entrambi in stile greco - basiliano, edificati forse nel XIII o XIV secolo, su per giù coevi della piccola chiesa basiliana si S. Ruba di Vibo Valentia.

Oggi di questo convento e di questa chiesetta  non restano che dei ruderi, ancora sormontati dalla caratteristica cupola ogivale su cui è ancora visibile, sul portale, un bellissimo stemma aragonese.

Nulla si sa della storia di questo convento, come nulla si sa della comunità che lo abitò. A questo monumento che resta misterioso, a questi ruderi di un passato sconosciuto “Don Cesare” dedicava tutta la sua attenzione e amava ritrarre queste rovine in dipinti e disegni, quasi cercasse di penetrare questo mistero e di far vivere un passato perduto.

Ma l’interesse maggiore “Don Cesare” lo dedicò, con fine intuito, ai ruderi delle «Terme» romane, che si trovano in località Lacconia, di particolare interesse storico per il periodo in cui esse vennero erette, il periodo tardo-romano, quando questa zona era fittamente abitata. Quando “Don Cesare” rivolse la sua attenzione al monumento nulla si conosceva con precisione della sua storia, non si sapeva a cosa attribuire questi ruderi.

Appartenevano, essi, a delle terme o a un tempio? Lo stesso Padre Russo, nella sua “Diocesi di Nicastro” , certamente fuorviato da una non esatta informazione, attribuì questi ruderi a un non precisato tempio ellenico dedicato al dio Elios. Gli scavi che successivamente vennero portati a termine dalla Soprintendenza sfatarono questa leggenda, donarono al monumento una precisa attribuzione e una precisa datazione (111 sec. d. C.), confermando ulteriormente, nella zona, l’esistenza per il passato di numerose ville romane delle quali oggi si è persa ogni traccia, ma che l’esistenza della «Terme» fanno supporre.

Non bisogna dimenticare che, non molto lontano da questa località, non molto tempo prima, era venuta alla luce e completamente distrutta, una ricca necropoli romana del 111 sec. d. C., che “Don Cesare” ed io avevamo segnalata alla Soprintendenza: segnalazioni che non ebbero nessun seguito, un’incuria che portò alla completa scomparsa di prezioso materiale archeologico, tratto dalle numerose tombe. Sono cose che capitano!

Anche lo scavo alle «Terme» venne rimandato più volte e certamente non sarebbe mai stato realizzato, senza l’interessamento di “Don Cesare” e certe pressioni al di fuori del ristretto ambito scientifico. Oggi, queste «Terme» che “Don Cesare” tanto contribuì a riportare alla luce e a garantirne la conservazione sono completamente invase dalle spine e dai rovi, è divenuta nuovamente nel dimenticatoio, posta alla mercè delle ingiurie del tempo e degli uomini.

Appassionato raccoglitore del folklore locale, d’archeologia, di voci dialettali “Don Cesare” fu un grande ammiratore del Rohlfs, che lo tenne in grande considerazione. Ma tutto ciò non è che un lato della sua complessa personalità, il cui senso artistico si espresse in numerose  opere pittoriche paesaggistiche e naturalistiche che, nella sua infinita modestia, egli non volle mai esporre, per riservarle agli sguardi ammirati dei suoi amici più fidati.

Unitamente ai numerosi articoli scritti su «Calabria Letteraria» tutto questo è quel che resta di Cesare Cesareo che, con tutta la sua modestia, la sua grande intelligenza, ma soprattutto il suo grande amore, ha contribuito notevolmente alle conoscenze storiche e archeologiche della vasta Piana di S. Eufemia.

Oggi “Don Cesare” non è più che un ricordo. Per gli amici che gli furono vicini, per gli studiosi che lo seguirono e lo seguiranno, egli è qualcosa di più, qualcosa di vivo che lascia dietro di se una grande impronta.

 

 

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