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Il lavoro oggi: impoverimento globale

 

Curinga, 21 gennaio 2013

E’ indubbio che, in seguito alla crisi che stiamo vivendo, la popolazione mondiale si stia impoverendo. Si tratta di un processo che sembra, per ora, irreversibile. A conferma di ciò, diamo uno sguardo a quanto sta avvenendo nel mondo prendendo in considerazione l’ultimo rapporto dell’ILO ( International Labour Organizzazion) intitolato “ Global Employment Trend 2012 “. “ Nel mondo- ci dicono i dati- un lavoratore su tre è disoccupato o povero, dato che una forza lavoro globale complessiva di circa 3,3 miliardi di lavoratori, 200 milioni sono i disoccupati e altri 900 milioni vivono, con le loro famiglie, al di sotto della soglia di povertà, disponendo di meno di due dollari al giorno. In realtà, osserva l’ILO, queste stime non includono i poveri delle economie sviluppate altrimenti il quadro sarebbe peggiore di quello descritto. Nel 2011 la disoccupazione è aumentata di 27 milioni di lavoratori rispetto al 2007. Il tasso di disoccupazione globale è intorno al 6% nel 2012 a fronte di una crescita complessiva del 4% nel 2011. Questa è la dimostrazione del fenomeno drammatico della crescita che non determina occupazione anzi produce esclusione dal mondo del lavoro. Ben 29 milioni di donne e uomini, inoltre, non cercano lavoro avendo perso anche la speranza di entrare nel mondo del lavoro, questi sono i cosiddetti “ scoraggiati”. Le principali vittime della crisi e della disoccupazione sono i giovani tanto che il Rapporto avverte “ Viste le tendenze attuali, sono poche le speranze di vedere un sostanziale miglioramento delle loro prospettive di impiego nel breve termine”. Nel 2011, infatti, risultano disoccupati ben 74,8 milioni di giovani di età compresa tra i 15 e i 24 anni, ben 4 milioni in più rispetto al 2007, anno in cui incominciarono a intravedersi i primi segnali della crisi attuale. In aumento sono anche i lavoratori con un impiego vulnerabile ( lavoro sotto retribuito) 23 milioni in più rispetto al 2009. La situazione dell’Italia appare ancora più tragica rispetto ad altre parti del mondo poiché ha un tasso di disoccupazione del 10,8% e un tasso di disoccupazione giovanile del 36,2% senza contare i lavoratori in Cassa integrazione. Ma sono ancora giovani tutti coloro che migrano da un lavoretto precario ad un altro, da un master inutile a uno stage non pagato, da un dottorato di ricerca alla disoccupazione prolungata. In Italia il salario di un giovane precario è di 800-1000 euro al mese quando una sola stanza in affitto costa mediamente sulle 400 euro al mese. Questa è la nuova povertà, definita di secondo grado, che le riforme imposte al PIIGS ( Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna) dai mercati finanziari non faranno altro che aggravare. A rendere ulteriormente le cose insopportabili ci si è messo quel genio di Jill Fraser Andreski che ha introdotto il concetto di “ mental recession”. A pagare di più i costi di questa crisi sono, infatti, i giovani che più hanno studiato, e che, per la maggio parte, sono destinati ad occupazioni precarie che nulla hanno a che vedere con le competenze acquisite in tanti anni di studio. Si tratta di un vero e proprio declassamento della forza lavoro cognitiva che passa per la sottoretribuzione, anni di forzata disoccupazione, espulsione di massa dalla ricerca accademica e dall’insegnamento scolastico. Si sta, in definitiva, profilando un nuovo esercito di poveri  formato da studenti, da donne, da insegnanti precari, dai professionisti atipici, dagli operatori dei call center, da operatori sociali e da lavoratori dello spettacolo. I dati parlano chiaro e si evince chiaramente chi sono coloro i quali  stanno pagando i costi di una crisi provocata da speculazioni finanziarie a livello globale. Si può affermare che, tutto questo, è dovuto a molteplici cause: finanziarizzazione dell’economia, prevalenza del profitto privato sul bene pubblico, arroccarsi delle caste a difesa di privilegi immeritati, smontaggio dello Stato in favore di lucrose privatizzazioni, la sanità ridotta ad un redditizio business, sfruttamento globale di risorse e del lavoro degli uomini. Tutto questo si può combattere solo costruendo un progetto di società alternativo, inventando nuove forme di convivenza dei popoli, recuperando i diritti dei cittadini contro le oligarchie finanziarie che, oggi, stanno governando il mondo. Una società che ricostruisca i valori del bene comune mettendo al centro l’uomo. In questo senso sono molti i movimenti, nel mondo, che si stanno muovendo dagli indignados spagnoli al movimento Occupy Wall Street negli Stati Uniti alla chiesa cattolica con la dottrina sociale che si occupa di bene comune e di beni comuni. Ancora gli effetti di queste lotte non si stanno vedendo ma le idee che questi movimenti stanno portando avanti si stanno propagando velocemente in tutto il mondo.

                                                                                                                

                                                                                                                         Mimmo Curcio

 

 

 

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