paginanews

 

Curinga- in fotrma

 

  le notizie   -   the news   -    Nachrichten   -   أخبار   -    notícias    -    nouvelles   -   aktualności   ニュース   -    новини    -     ştiri   -    Навіны  -    lajme   -   חדשות   -   新闻    -

 

 

 

HOME

News

La Nostra Storia

Calcio 2010 - 2011

Archivio News

Turismo

Foto dei Ricordi

Dove Siamo

Chi Siamo

Link Amici

Utility

Rubriche

Arte e Cultura

Le Associazioni

Notizie dal Mondo

Angolo della Poesia

Libri

Personaggi Storici

Resoconto Visitatori

E-mail Ricevuti

Artisti

Lo Sport  2006-07

Video-Clip Sport 2007-08

Itinerari CALABRESI

Notizie Curiose
Alberghi a Curinga
Ristoranti e Pizzerie
Emergenza Droga
Ricette Curinghesi
L'Antichi Dicìanu
Numeri e Indirizzi Utili
 

Casella di testo:

Casella di testo:

 

Salviamo il NOSTRO mare

Firma le petizioni

Riapertura Ufficio Postale a Curinga Centro

 

Neokastron Romaion

 " Alla ricerca dell’ antica madre “

 

Curinga, 19 ottobre 2012

Neokastron Romaion ” Alla ricerca dell’ antica madre “ ed è proprio questa ricerca, questo bisogno di conoscere ed avere delle conferme che spinge a scavare nel nostro passato, nella certezza di avere delle risposte e sentirci rassicurati dalla protezione di una “madre” mai conosciuta fino in fondo. Sappiamo che ancora volteggia intorno a noi quel Genius Loci  come ha ben esposto  la dottoressa Chiara Macrì nella sua brillante ed interessantissima relazione, analizzando in maniera chiara e puntuale l’opera di Giovanni Saladino ( Inseriamo  la dotta relazione della Dottoressa Chiara Macrì) . Uno splendido pomeriggio autunnale nella cornice prestigiosa del Santuario del Carmine ha fatto da supporto alla presentazione della seconda opera di Giovanni Saladino,  appuntamento culturale organizzato dal sito www.curinga-in.it , che nell’ ambito delle sue finalità cerca di mettere in risalto il ricco patrimonio culturale, poetico archeologico che Curinga possiede e che in parte rischia di essere dimenticato, cercando di renderlo fruibile a tutti attraverso il web. Un interesse che si allarga a tutto il vasto territorio della piana di Sant’ Eufemia ed al territorio dei comuni che gravitano intorno al Monte Contessa.

Dopo una breve introduzione di Cesare Cesareo (direttore di curinga-in) che ha coordinato i lavori, ha voluto porgere un saluto il parroco don Pino Fazio, seguito dal Commissario Prefettizio Dott.ssa Maria Adele Maio, che come amministratore di Curinga, pro tempore, ha accolto con entusiasmo questa manifestazione, quale espressione di un territorio in fermento e dalle tante risorse culturali; sono queste, ha ribadito la dott.ssa Maio, manifestazioni alle quali volentieri partecipa e che pur nel momento congiunturale attuale, cerca di incoraggiare.

Numeroso il pubblico intervenuto, attento e competente, che ha ascoltato con interesse, oltre la relazione della Dott.ssa Chiara Macrì, l’ intervento dell’ autore, Giovanni Saladino, che ha toccato alcuni punti focali di questa storia territoriale che ruota intorno ai tre fiumi della piana, collocandoli in un contesto non solo storico e temporale preciso, ma soprattutto geografico, analizzandoli con dovizia di particolari e quindi portando i lettori ad una nuova  visione storica molto suggestiva e attendibile. Interessanti e molto coinvolgenti le  etimologie dei paesi (tra le quali quella di Curinga).

 Cesare Natale Cesareo

Guarda il video dell' intera presentazione

 

 

Neokastron Romaion

 

Alla scoperta dell’antica madre

 

Relazione di Chiara Macrì

 

Giovanni Saladino

Leggere le due epigrafe dal libro…

 Il Genius Loci è lo spirito del luogo: gli spiriti si fanno percepire, ma è difficile catturarli. La scrittura di un luogo non è fissata nella eternità, essa cambia, e proteggere e conservare il Genius Loci significa concretizzare la sua essenza in contesti storici sempre nuovi.

Ivo Bomba 

Ed io aggiungerei

 Nullus locus sine Genio (nessun luogo è senza un Genio) (Servio Mario Onorato Commento all'Eneide, 5, 95).

 Saladino avanza nella “Calabria Bizantina” come un viaggiatore sospinto dalla curiosità del conoscere e del riconoscere ripercorrendo itinerari a volte già battuti, ma con un occhio nuovo che riesce a scorgere dettagli e punti di vista spesso ignorati o sottovalutati. 

Un viaggio ha un origine e una meta. Un’origine ricca di storia non è un semplice luogo che ti proietta fuori ma, anche una forza che ti richiama dentro.

L’origine diventa la meta. 

Se per la tradizione romana il Genius loci è un'entità soprannaturale legata a un luogo, col tempo il suo significato si è modificato, tanto che oggi nel linguaggio dell'architettura moderna, per genius loci s'intende il significato culturale e successivamente quello emozionale che viene attribuito ad un luogo, ad uno spazio o ad una città.

Pertanto è l'espressione del “carattere” di un luogo, le sue caratteristiche intrecciate con gli usi e i costumi degli uomini che abitano quel posto.

E' una sorta di “spiritello” che miscela sia l'identità fisica sia culturale del luogo, identità che sopravvive o muta nel tempo.

Per Stendhal il genius loci assume il ruolo di porta temporale con cui stabilire un contatto con i nostri predecessori, è come se si stabilisse una connessione spirituale, emotiva e culturale con un luogo e col suo territorio.

Ci sono luoghi in cui il genius loci è associato ad un monumento, ad un personaggio. Se pensiamo a luoghi sacri come Fatima, Lourdes, Assisi, in essi ritroveremo la presenza di un'entità divina che ci parla, un'atmosfera dove si respira la Sua presenza.

Ma è ben altro quando si prende in considerazione la parola. Il genius loci non si trasmette solo attraverso le caratteristiche del luogo. La parola, o meglio, la lingua e ancor più il dialetto lega l'individuo al suo territorio.

Pertanto il genius loci ci può persino parlare, illuminando la nostra fantasia o animando le nostre emozioni più intime.

Tuttavia le persone “respirano” il genius loci di un luogo, di un ambiente quando ne hanno piena coscienza. Ognuno di noi è attaccato ad un luogo d'infanzia, ad un ricordo, ad un affetto.

Un albero, una panchina, un muretto sono elementi che possono sussurrarci storie senza storie; ciò avviene in quanto alla fonte vi è un processo di suggestione. Un processo emotivo in cui ognuno di noi viene avvolto come in una spirale. Se tale processo non avviene, difficilmente si riesce a cogliere il genius loci di un luogo. Se le emozioni non emergono in superficie, difficilmente si possono cogliere alcuni significati storici e culturali di quel luogo.

Ogni luogo ha il suo spirito. La questione è se lo spirito del luogo sia uno spirito, o anche più spiriti o se sia uno spirito immanente del posto. Tutte e tre sono possibilità accettabili, e nella storia delle civiltà troviamo esperienze e idee diverse in questo campo. Cicerone, sempre alla ricerca di una spiegazione “naturale”, prese in considerazione il fatto che determinati luoghi siano più adatti di altri alla Profezia, e perciò attira l’attenzione sulle “esalazioni” della terra. In ogni caso, in questi luoghi santi parla un Dio o una Dea.

 La storia della Calabria Bizantina si trasforma in un genius loci o un genius loci ha richiamato a se uno dei suoi figli per fargli narrare una storia?

 Neokastron Romaion – alla scoperta dell’antica madre, è cosa diversa da Storia della Calabria Bizantina, il libro precedente di Saladino, qui il legame con il materiale diventa filiale.

 Saladino affonda la ricerca fino al limite ultimo.

L’osservazione del luogo parte dalla sua mutazione morfologica dalle origini della storia. Il luogo, come indica il titolo, è Neokastron che si inserisce nella Piana, a sua volta compresa nell’istmo. Già dal titolo Saladino ci invita a trovare la forza e il senso della storia proprio nell’istmo. Il libro è un viaggio tra i luoghi, le memorie, il genius loci della città di Neocastro.

Tutto parte dall’acqua.

 Tre fiumi delimitano la piana lametina da Nord a Sud: Il Savuto, l’Amato e l’Angitola. 

Questo territorio ambito per la posizione strategica dell’istmo che collega i due mari e quindi le due vie, Oriente e Sicilia, ha una storia antica. E’ qui che nasce, probabilmente, il Genius loci che tormenta questa terra ancora oggi, un terra in cerca della sua identità.

 

° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° °° 

Siamo nel II sec a. C. e la colonia romana di Temsa, a nord del golfo di Sant’Eufemia,  è bagnata da un fiume che conserva ancora il nome greco TAMNO (taglio recìdo) che porta a valle il legname dalla Sila.

 Il Tamno diventerà nella lingua osca dei Lucani Sabùtus, poi Sabàtus nella forma latina aulica per diventare l’attuale Savuto.

 Nel cuore del golfo sfociano due fiumi l’Amato e l’Amatello (poi S. Ippolito).

La bonifica fascista li ha riuniti in un unico alveo nel tratto terminale.

 I nomi si susseguono e il geografo Ecatéo di Mileto del V sec. a.C. e il poeta Licofrone del IV sec. a.C. ci parlano del Lamètos che rappresentava il confine della Megàle Ellas sul Tirreno con il paese degli Ausoni (Enotri) prima e dei Lucani (Bretti) poi.

Del Lamétos parla anche Aristotele nel III sec a.C. chiamandolo Lamèticos Kòlpos.

 I nomi si susseguono e come nel caso del Savuto sono sempre causali e non casuali: Lamètos, Tèrin, Tamno, Amatus, per giungere ai nostri giorni Amato.

 Lamètos da LAMA (limo) indica la fertilità che il fiume portava a tutta la piana.

Tèrin da TEREN, TEREINA (carino grazioso) ed è omonimo della città della piana Tèrina di cui parleremo, ampiamente dopo.

Tamno, come abbiamo visto legato alla lavorazione del legno

 E poi… e poi Amatus.

 Dobbiamo giungere alla fine dell’XI sec alla fondazione di Sant’Eufemia (AD 1062) grazie alla donazione che il Duca Roberto il Guiscardo fa all’abate Roberto di Sante’Eufemia della Badia Benedettina di Sant’Eufemia, cui si donano i territori della Vetus Civitas come risulta dal documento riportato a pag. 42. Qui per la prima volta si fa riferimento al Portus Amati fluminis. Ma da quanto tempo esisteva questo nome?

 La risposta resta incerta e improbabile e qui Saladino si comporta come un detective avanzando delle ipotesi basate su procedimenti logici.

 Riaffiora il Genius loci.

 Il nome potrebbe essere sorto in ambiente benedettino dove il verbo amare, bene si addiceva ad indicare la benevolenza divina unita a quella degli Altavilla. Ed ecco il fiume Amatus.

 Sarà andata proprio così? Forse non lo sapremo mai, ma l’ipotesi è plausibile.

 Il Golfo di Sant’Eufemia si chiude a Sud con un altro fiume. Più piccolo, scorre per appena 20 Km dal Monte Pizzini (San Nicola da Crissa) contro i 48 Km del Savuto e il 56 Km dell’Amato, e da sempre è conosciuto con il nome Angitula.

 Il territorio è delimitato dall’acqua di questi tre fiumi, ma come a riempire uno spazio cui sono chiari i limiti, Saladino si avventura in una serie di ipotesi sull’ubicazione dei centri abitati che hanno rappresentato la società di questi luoghi.

 Strabone di Amaséa cita un’opinione corrente in Magna Graecia riferita ad un famoso verso Omerico dove leggiamo “A Temésa per bronzo…” La questione è dibattuta. Secondo Saladino i Temesàoi approfittarono di questo nome per darsi lustro a buon mercato. La cultura greca consapevole della propria superiorità non esitava ad usare qualche licenza.

 Certo Temsa è una città antica, probabilmente un centro Ausonio poi colonizzato dagli Etòli di Toante (reduci della guerra di Troia). Sempre Strabone la indica come la prima città dei Bretti sul Tirreno.

 Saladino collega Temesa con tamno  (taglio – recìdo, come abbiamo visto) anche se un’interpretazione in età Cristiana cerca di ricollegarla al mito Omerico facendo risalire la parola temesa con la radice ebraica tamen (fonderia): dove c’è una miniera c’è una fonderia. Ma sono tutte ipotesi e quindi il senso della ricerca ci riconduce al Genius loci.

 La città, l’economia, l’acqua, il nome, lo spirito: il Genius loci.

 Oltre il Capo Lampetiano (Capo Coreca) si apre il golfo dove nei pressi del Térin (lametos Amato) troviamo Terina. Città Crotoniate fondata presumibilmente fra la fine del VI e l’inizio del V sec. a. C. crocevia fra l’istmo e i flussi commerciali fra nord e sud.

 Il Genius loci di questa terra parla della sirena Ligèa, e del sacello di Polite.

Chi era Ligea? Ligea è una figura della mitologia dell’antica Grecia e di Roma. Nell’arte greca, fin dal periodo arcaico, fu raffigurata con busto di donna dalle braccia nude e con corpo di uccello con coda e ampie ali. Considerate originariamente geni della morte, le sirene, capaci di ammaliare gli uomini, hanno avuto larga parte nell’Odissea di Omero quali tentatrici, con il loro canto, del re Ulisse. La loro sede fu variamente localizzata nell’Italia meridionale, mentre il loro numero variò da due a quattro. Erano considerate figlie di Forci e di Ceto. La leggenda dice che, compagne di giochi di Persefone, per non aver salvato dal rapimento da parte di Plutone la figlia di Demetra, furono da questa trasformate in sirene.

Secondo la leggenda Ligea, la più piccola delle sirene, come le sue consorelle, subì un tragico destino. Decisa a morire, si affidò al mare in tempesta da cui si fece trasportare senza opporre resistenza finché non arrivò al Golfo di Sant’Eufemia. Fu trovata morta dai marinai sulla riva dell’Ocinaro, dove fu sepolta. Su una piccola isola formata da materiale ghiaioso trasportato durante le alluvioni fu eretto un gran monumento a suo ricordo. Si ipotizza che l’Ocinaro altro non fosse che il fiume Bagni, la cui foce a quell’epoca molto frastagliata era circondata da una vegetazione molto fitta.

O viandante, se vorrai conoscere il percorso della sirena Ligea che sarà spinta dai flutti a Terina.. .I Faleri la seppelliranno nelle arene del lido contiguo ai vortici dell’Ocinaro dove era anche il sepolcro del Marte dalle corna di bue, dovrai attraversare la Via Traiana, raggiungere Terina dal Golfo Terineo o Lametino...

E l’altro spirito è Polite uno dei compagni di viaggio di Ulisse trasformati in porci dalla maga Circe, e poi, grazie all'intervento di Ulisse stesso, fu ritrasformato in uomo. Come narra l'Odissea, fu proprio Polite ad incitare i compagni a varcare le mura della casa di Circe a sentirla cantare.

In seguito, come narra Pausania, Ulisse, dopo la presa di Ilio, vagabondava per le città dell'Italia meridionale, e giunti a Temesa, sembra che fu proprio Polite, ubriaco, a violentare una giovane vergine del posto. Gli abitanti, inferociti, lo lapidarono e Ulisse se ne andò e proseguì il viaggio. Il demone dell'uomo lapidato cominciò, per vendetta, ad uccidere gli abitanti del villaggio che, su consiglio della Pizia, costruirono al demone un luogo ove, ogni anno, portavano in sacrificio la vergine più bella del paese per placare la sua furia. Ciò accadde finché Eutimo il pugilatore non passò da quelle parti, sfidò il demone, che aveva preso il nome di Alibante ed era terribilmente nero e tremendo in tutto il suo aspetto, lo batté e lo cacciò in mare per sempre.

Come sono suggestive queste due leggende, e ritorniamo, quindi al genius loci…

 Si ha per lungo tempo il dominio di Sibari, e Kroton era relegato nell’area Jonica.

 Venuto meno il potere di Sibari, i Crotoniati pensarono bene di estendere i loro domini fino al Tirreno attraverso l’Istmo. Nasce Térina per motivi strategici. Temesa è troppo lontana e i Crotoniati vogliono impedire l’espansione di Ipponia.

 Dice Saladino : “se Temèsa fosse stata nella Piana non avrebbero avuto bisogno di fondare Tèrina.

 Ma allora Tèrina è l’antica madre di Nicastro, Sambiase, Feroleto, Maida, Curinga e di tutti gli altri centri della Piana?

 Il Genius loci di Tèrina è il nostro Genius loci?

 Ma dov’era Tèrina?

 Le ipotesi si accavallano e se Lucio Leone e Filomena Stancati scrivono in “Nicastro e il territorio Lametino” a pag 24 «L’ubicazione della colonia crotoniate presso l’attuale villaggio di Sant’Eufemia Vetere si può considerare praticamente certa» rifacendosi al Lenormant, a Orsi e a Spadea, Saladino invece afferma: p. 21-22

 Saladino snocciola, quindi, il suo ragionamento ponendo due ipotesi: Terina doveva trovarsi a scirocco (Sud – Est) di Nicastro nell’area interna a cavallo del Fiume Amato sotto i promontori di Baratta/Stretto e Verardo/Vallemoniaci, oppure nell’antica area costiera a levante (EST) della stazione FS e l’aeroporto di Sant’Eufemia.

Entrambe le ipotesi collocano Tèrina in una posizione equidistante fra Capo Suvero a Nord e l’Angitola a sud, con i conseguenti vantaggi strategici di avvistamento di eventuali predatori da mare e la possibilità di ripiegare nell’ampia pianura alle spalle.

La posizione di Terravecchia presso Sant’Eufemia Vetere a prescindere dalla suggestione del sito avrebbe impedito un rapido avvistamento di navi nemiche e, in caso di attacco a sorpresa con sbarchi sui fianchi avrebbe messo in seria difficoltà le difese della città.

 La breve storia di Tèrina la vede assediata e conquistata dai Bretti o Bruzi nel 356 a.C. e liberata  da Alessandro d’Epiro nel 332 a.C. che, chiamato dai Tarantini, riuscì ad occupare anche Cosenza, centro della confederazione brettia.

Nonostante l’appartenenza al mondo greco, Tèrina ha dovuto mantenere una certa autonomia e sicuramente la sua posizione economica e strategica era comunemente riconosciuta.

 Strabone ci informa che a seguito del coinvolgimento di Tèrina contro i Romani, nella seconda guerra Punica la città fu distrutta da Annibale agli inizi del I sec. a.C. per non lasciarla in mani nemiche.

 Qui nasce, o rinasce Tèrina, o meglio continua ad operare il Genius loci dell’antica madre, forse in altra veste.

 Le tracce dell’antica madre restano celate in strati di argilla che per oltre 2000 anni si sono sovrapposti in un luogo caratterizzato da straripamenti torrentizi e mareggiate. Le difficoltà archeologiche del rinvenimento della vera Tèrina costringono gli studiosi ad affidarsi alle fonti a disposizione combinandole fra loro per cercare di risolvere quello che si presenta come un rompicapo.

 Siamo in epoca Romana.

 Ecco una citazione del geografo Strabone vissuto nel periodo morente della Repubblica:

 

“ I Romani posero ogni cura in tre cose soprattutto, che dai Greci furono trascurate, cioè nell’aprire le strade, nel costruire acquedotti e nel disporre nel sottosuolo le cloache”.

 

Saladino, nel paragrafo 5 “La via Popilia nella Piana di Sant’Eufemia”, prende in esame i documenti di riferimento della viabilità Romana e, intrecciando i dati della Tabula Pautingeriana (IV sec d. C.) con l’Itinerarium Antonii (III sec. d.C.) e il Lapis Pollae (II sec. d.C.) dove si trova il crocevia fra la Via Tyrrenica (iter indigeno risistemato dai Romani per collegare il Bruzio alla Lucania) e la Via del Carrà (per collegare Tanno con Scolacium), pone la sua affascinante ipotesi.

Per Saladino sarà proprio la Tabula Pautingeriana a svelare il mistero dell’ubicazione di Tèrina.

 Ci sono tre luoghi che formano sul territorio un triangolo scaleno: Turris – Turres, Aque ange e Annicia. 

Confrontando i tre documenti possiamo collocare Turris, 18 miglia romane (c.a. 1.488 metri) quindi tra i 26 e i 27 Km dopo la foce del Savuto, 13 miglia (19 Km) dalla foce dell’Angitola e a 21 miglia (31 Km) da Vibònam l’odierna Vibo Valentia.

 Nella Tabula Pautingeriana Aque ange si trova scostata dalla litoranea indicata dalle tappe Clempetia, Temsa, Tanno flumen, Vibona Balentia, Tauriana. Precisamente potrebbe corrispondere alla zona di Caronte con le famose acque. Da li la Pautingeriana indica 8 miglia (12Km) per Annicia (probabilmente Acconia di Curinga) e probabilmente il Tanno flumen indicato in mappa come  il congiungersi di due fiumi non è la congiunzione con il Savuto che è parecchio più a Nord ma l’intersezione fra l’Amato e il Bagni.

 Qui Saladino lancia la sua ipotesi al tempo stesso la più logica e affascinante: Terina che al tempo della realizzazione della via Popilia non esisteva più si doveva trovare nei pressi di quello che la Pautingeriana indica come Tanno.

Dice Saladino “Tale teorema implica un corollario: quando scomparve la città – prima che si redigessero gli itinerari a noi noti – la mansio (la stazione di fermata relativa ad una città) restò al suo posto, ma cambiò nome. La sostanza non cambia se ipotizziamo che la Popilia fu selciata dopo la fine di Terina, il che spiegherebbe il silenzio delle fonti!”

 Ma Saladino aggiunge che Terina doveva essere lì anche per motivi strategici e politici al capolinea del Dromos Isthmikos.

 La distanza tra Tanno e Squillace nella tavola è di 25 miglia (37 Km) che corrisponde al percorso più breve tra i due mari. Da Roccelletta a Crotone ci sono altre 45 miglia (70 Km) quindi i Crotoniati con circa 100 Km potevano raggiungere il Mare Ìnferum via Scolacium Cortale.

 La cura dello studioso si unisce alla passione del ricercatore e, anche se si tratta di ipotesi da confermare, se mai sarà possibile, resta il fascino di buttare la mente e il cuore così indietro nel passato con un senso di appartenenza a questo luogo come se ne riscontra in pochi.

 Il libro procede dove inizia la Storia, con la S maiuscola, la storia Bizantina che termina con la storia Normanna; una storia di documenti e donazioni che segnano, se vogliamo il distacco dall’antica madre per iniziare un lunga epoca di conquiste straniere, di saccheggi e di violenze.

Prima di concludere questa breve riflessione sul lavoro di Saladino che mi ha affascinato e stimolato al tempo stesso e, inavvertitamente, mi ha portato a guardare dentro, alla ricerca dell’antica madre che è in ciascuno di noi, vorrei segnalare una nota fra le tante che insieme ad una serie di appendici interessanti completano il volume che riguarda Lamezia.

 Lamezia città greca nominata da Stefano Bizantino (VI sec. d.C.) si rifà a Ecatéo di Mileto (560 – 480 a.C.) che nella Pariegesi della Terra avrebbe nominato una città Crotoniate che prende il nome dal fiume Lamètos.

 Sull’inattendibilità di tali fonti lasciamo il passo agli studiosi del settore, ma sembra evidente che si trattava di Tèrina, come ampiamente dibattuto. La riflessione interessante la troviamo in nota quando Saladino dice:” NOTA 1 PAG 69 LEGGERE INTEGRALMENTE E COMMENTARE POLITICAMENTE”.

Molto spesso cancelliamo la storia e con essa cancelliamo il nostro genius loci.

Nel genius loci della nostra diocesi non c’è Lamezia ma Neokastron.

 Nel Faust Goethe dà la parola a uno spirito della terra ed eleva un monumento concreto al Genius Loci, lo spirito del luogo del Parco di Weimar sul fiume Ilm. Vorrei concludere proprio con Goethe che ci dice:

«Ciascuno vede ciò che si porta nel cuore». Quest’affermazione diventa per me un augurio affinché ciascuno di noi riesca sempre a sentire il genius loci che è nel fondo del cuore e gli dia voce nella vita di tutti i giorni.

    Chiara Macrì

 

 

 

www.curinga-in.it

Spazio per la tua Pubblicità