“L’Utopia Templare“
Curinga,21 gennaio 2012
cia Per chi non è addentro nelle vicende storiche del medioevo con le innumerevoli vicende che hanno caratterizzato questo intenso e per molti aspetti oscuro periodo della nostra storia, quello di stasera è stato un momento di grande ricchezza, un entrare in vicende complesse e affascinanti seguendo una traccia, quella indicata dal saggio di Stelio.W. Venceslai Gran Priore d’ Italia- OSMTH (Ordo Supremus Militari Templi Jerosolymitani) . Una traccia nella quale il Prof. Giuseppe Cinquegrana si è incamminato aprendo con sicuro passo , seguendo canonicamente il percorso ma spesso soffermandosi e trovando nuovi percorsi e sentieri creando un filone forse provocatorio dettato dalla ricerca della verità non suggestionata da facili interpretazioni fantasiose adatte ad una lettura superficiale del templarismo.
L’ autore avvertendo queste provocazioni squisitamente storico filosofiche ha con grande capacità di linguaggio portato la sua disquisizione oltre che sul piano storico partendo da lontano , in un’ ottica attuale richiamando la tradizione templare ad essere nella nostra società punto di emulazione presentandosi come ricerca della verità e della libertà .
Tante le sfumature e tanti i temi in questa serata, ma si è ricordato come dopo 700- 800 anni ,ancora sia viva questa straordinaria storia, che indubbiamente non è rimasta la stessa, ma si è trasformata e mantiene ancora i valori e principi di quando nacque.
Coinvolgente il secondo momento della serata nel quale si è assistito :
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- Alla Nomina di uno Scudiero
Donato. Pizzi
- - Alla installazione della Precettoria di Palmi
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Alla elevazione al grado di
Precettore di Palmi
Filippo. Pulitano'
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- Alla elevazione di Gran
Maresciallo dell’ Ordine
Gianfranco. Palmieri
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- Alla elevazione di grado
di Balivo
Giuseppe. Miceli
Gi-
- Alla elevazione al grado di
Commendatore della Commenda di
Lamezia Terme
Maurizio. Bonanno
La cerimonia secondo un rito perpetuato nel tempo, per i non addetti ai lavori, come me, ha rappresentato un occasione suggestiva per immergersi in rituali , se pur lontani , indubbiamente pieni di fascino.
Cesare Natale Cesareo
Pensiero critico del Prof. G. Cinquegrana
Un capitolo templare di grande spessore quello svoltosi a Curinga nella sala consiliare
Sabato 21 gennaio, è stato presentato l’ultimo lavoro del Gran Priore d’Italia OSMHT Stenlio W. Venceslai dal titolo L’Utopia Templare. L’opera è stata presentata alla presenza del gran Balivio di Calabria….. del Balivio di Toscana …. Della Tesoriere dell’Ordine dei commendatori e precettori della Calabria… alla presenza di numerosi Cavalieri e scudieri. A moderare i lavori è stato il Commendatore della Christi Milites Giuseppe Miceli che nell’occasione è stato nominato Balivio di calabria al posto di Palmieri che è andato a ricoprire la carica di Grande Ufficiale dell’Ordine e al posto di Miceli la nomina di Commendatore della Christi Milites è stata conferita al giornalista Maurizio Bonanno.
Sintesi dell’Intervento dello storico Prof. Giuseppe Cinquegrana
“Quello di Venceslai è un interrogarsi continuo sulla più nobile cavalleria fino a sospettarne certe assunti perché visi e sentiti come mito e/o leggende più che storia recuperata attraverso le fonti del documento, dell’archeologia, della tradizione. In questa paura espositiva, l’autore l’errore ha tralasciato di trattare i confini del mito e le impalcature della storia, probabilmente per evitare di contaminare o contaminarsi attraverso forme narrative. “Non sappiamo – scrive l’autore – se a suo tempo vi fu una sapenzialità templare poi andata perduta durante le persecuzioni, nei roghi, e nel silenzio plurisecolare”. È chiaro che tale affermazione è da leggere come provocazione letteraria. Altrimenti sembrerebbe impensabile che un autore di tale spessore:
· esclude a priori il sapere della guerra secondo i canoni classici, tramandati nelle lingue greco e latino;
· prescinde da quanto (poco o assai) esiste negli archivi (pergamene, lettere, dichiarazioni papali, ecc);
· non tiene conto di documentazioni europee come la Magna Charta Libertatum britannica;
· non conoscere il momento storico della Cavalleria;
· disconosce l’azione dei Normanni in Italia e nel suo Meridione in particolare.
Non bisogna dimenticare che i secoli presi in esame o che, comunque, ricadono nel periodo in cui vissero i Poveri Cavalieri di Cristo, l’Europa è sconvolta da catastrofi epidemiche, mentre il mondo Orientale deturpava i luoghi sacri della cristianità. Un sentire che apre e chiude quanto riportato nell’opera di Venceslai che parla di “ragionevole e irragionevole” questio.
Ma nonostante questo, non si può baipassare il centro di Montpellier , in Francia, che proprio nel periodo considerato dall’autore di l’UTOPIA TEMPLARE era la massima espressione culturale a livello filosofico, giuridico e medico. Centro culturale dove studiò e insegnò Nogaret – la mente che progettò, per conto di Filippo IV il Bello, come distruggere i templari.
Nella sua valenza editoriale, impreziosita da una bibliografia di volumi noti e meno noti ( manca la consultazione di archivi). l’UTOPIA TEMPLARE si propone di esaltare in secundis i principi e i valori che questi mantengono ancora oggi, nella dimensione etica e morale, spirito di un animo giusto in tanta corruzione politica e sociale. E in questa direzione non si può prescindere dallo studiare il calavrese di dono profetico dotato- come lo definisce Dante- Gioacchino da Fiore.
Nello scegliere un certo modo di scrivere,non si può non pensare ad una storia estremizzata nella sua analisi per acquisire il successo sperato: è il caso del Codice da Vinci, Coq Rouge, Herry Potter. Nella critica storica-letteraria non tenere presente questo parametro significa non comprendere le strategie comunicative nel parlare di fatti, uomini, azioni, luoghi, circostanze. Ed ecco che quando la criticità avviene dall’interno, la tensione aumenta è il successo pure, come è avvenuto per lo svedese Jan Guillo con l’opera “L’utopia templare contro gli abusi di potere”, con la Frale che dall’interno dell’archivio vaticano presenta frammenti di documenti “nuovi”, e adesso l’Utopia templare di Venceslai.
Ma qui, credo che “L’utopia” vuole essere, da parte dell’autore, l’ideale possibile e in questa ricerca Venceslai sfronda un percorso storico per cercare di leggere la profondità di quanto rientra come templarità (ritualità, appartenenza) e templarismo (comporta mentalità, imitazione). In tutto questo agire prettamente shakespeariano, non si può prescindere dallo studio di Thomas More che inventa il termine Utopia, Tommaso Campanella con La città del sole i cui personaggi, nell’opera sono un Cavaliere di Malta e un ammiraglio genovese. Ed ancora Francesco Bacone con La nuova atlantide i cui viaggiatori naufragano a Bensalem: termine immaginario derivato da Betlemme e Gerusalemme.
Ed ecco che appare chiara la posizione di Venceslai va, presumo, alla ricerca del desiderabile, della meta ideale seppure dichiara non effettivamente raggiungibile, entra in quella dimensione che Thomas More definisce Hythlodaeus¸ ben conscio dei due neologismi greci: outopia= nessun luogo come distopia ed eutopia= buon luogo e quindi quanto più la società è aperta tanto più diventa utopistica.
Un’opera – quella di Venceslai – con i suoi punti forti e deboli, nella ricerca del Dio interiore, nell’affanno di spiegare l’idea della vita e della morte. Qui il ragionamento è troppo complesso. Forse è il punto più debole del libro.
Non tralascia – a pg. 32 – di affermare che “non si è liberi se non si ha fede, ma solo nella libertà si può avere una scelta di una fede”. Credo che non ci sia sentire templare più forte di questo! Un pensiero che rimanda all’utopia del Cavaliere del Tempio che non poteva non percepire o condividere l’utopia di una fratellanza universale tra oriente islamico e occidente Cristiano – utopia quanto mai attuale – per il cui progetto pagarono con il rogo (cfr:Franco Cuomo 2008; Luigi Manglaviti 2008, che si sofferma in questa direzione sul pensiero del poeta catalano Raimondo Lullo). Però poi ilarizza su quanti studiano il sommo poeta come Templare. Un secondo punto debole, anzi debolissimo visto che in questa dimensione studiosi accademici di mezzo mondo hanno dedicato migliaia di pagine per ragionare su questo argomento, giungendo a risultati di grande spessore conoscitivo sul personaggio. Nella continua ricerca di trovare risposta ai suoi perché, giustamente, l’autore parla delle ragioni del dubbio, e a pagina 116, parla di necessità di una “prova consistente”. Quale? L’escludere a prescindere conoscenze mediche da parte dei templari (assimilate dagli arabi) è come dimenticare che questi erano anche dei monaci che conoscevano l’uso curativo delle erbe e delle polveri. Della loro cultura filosofica e delle conoscenze di navigazione ne parlano centinaia di libri orientali del XV e XVI secolo. Dall’altro lato da tempo esiste il Centro Italiano di Documentazione dell’Ordine del Tempio di Veroli (Fr) di cui fa parte LARTI (Libera Associazione Ricercatori Templari Italiani da tempo sono impegnati al recupero di volumi, atti, pergamene, fotoriproduzioni ecc. Un’idea nata da padre Goffredo VI dell’Ordine dei Cistercensi considerato universalmente tra i più insigni studiosi dell’Ordine del Tempio.
Di recente, pregevoli richiami vengono dagli studi locali che come puzzle riempiono caselle mancanti e, che la Commenda Christi Milites da qualche anno – almeno per la terra di Calabria – sta recuperando, sotto ogni profilo, anche perché questa terra, insieme alle Puglie e alla Sicilia, è l’espressione più alta – dopo la Francia - essendo terra di imbarco e di sbarco prima di proseguire il viaggio verso la Terra Santa.
Un concetto che deve essere chiaro se non si vuole semplicisticamente parlare di templarismo in termini turistici come fa l’autore nel riferire di Rennes les Chateaux. Ma la domanda sorge spontanea: ha mai visitato questo luogo? Cosa ha letto di questo piccolo centro?
Il libro, comunque, rimane una buona antologia per quanti si vogliono avvicinare a conoscere qualcosa sui Cavalieri Templari la cui durata – 200 anni - non è poca, anzi! Basta pensare a cosa è avvenuto in Calabria e nel mezzogiorno, con la presenza ebraica voluta da Federico II, che durò solo 100 anni, i quali dopo avere introdotto arti e nobili mestieri, lanciata l’idea dei processi economici – proprio come i templari- scomparirono perché scomodi alle grande potenze, alle grandi lobby diremmo oggi”.
Giuseppe Cinquegrana
In fondo le foto
foto di Cesare Natale Cesareo