Dal quartiere Brancaccio di Palermo ad Acconia
Testimonianza di chi combatte in prima persona
Acconia ,20-03-2011
"Un'ora e mezza di film non può raccontare tre anni di vita, ma può servire per farsene un'idea". Ha esordito così suor Carolina Iavazzo domenica scorsa davanti a un pubblico nutrito ed eterogeneo per età venuto, presso l'oratorio S. Giovanni Battista di Acconia, per assistere alla proiezione del film di R. Faenza "Alla luce del sole", dedicato agli anni di intenso servizio sacerdotale prestato da Padre Puglisi al quartiere Brancaccio di Palermo, dove il sacerdote fu ucciso nel settembre del '93.
Coinvolgente ed incisiva nella sua esposizione lineare e lucida, suor Carolina, ospite dell'oratorio per condividere la sua preziosa testimonianza di collaboratrice di don Puglisi, ha ripercorso gli anni passati a Palermo accanto al sacerdote, anni spesi al servizio di Dio e del prossimo con amore e totale abnegazione.
La suora ha parlato inizialmente del centro 'Padre Nostro', voluto fortemente da don Puglisi per seguire i giovani di Brancaccio e aiutarli, come lui diceva, 'a camminare liberi, a testa alta'. Molti di loro non avevano neppure la licenza elementare, ha ricordato la religiosa, e don Pino si è adoperato fin da subito affinché, attraverso corsi di alfabetizzazione, ricevessero un'istruzione adeguata e la loro ignoranza cessasse così di essere linfa vitale per la mafia. "Se c'è molta ignoranza, c'è molta mafia": era questa l'amara quanto veridica riflessione che don Puglisi faceva. Ma quando il sacerdote cominciò a 'strafare' per Brancaccio, a promuoverne lo sviluppo pretendendo scuole, allacci delle fogne, chiedendo che venissero dati alla parrocchia locali usati dalla malavita per spacciare, nascondere armi, fare lotte clandestine di cani, perpetrare violenze su minori, e, soprattutto, quando non si piegò di fronte agli sgarri, alle minacce, alle percosse, fu allora che la mafia decise, prima, di attuare una vendetta trasversale contro i suoi collaboratori e, tre mesi dopo, di attentare direttamente alla sua vita.
A questo punto, con grande determinazione, suor Carolina fa appello alla coscienza dei presenti chiedendo: "da quale parte stiamo noi?". Perché, sebbene tra il pubblico ci sia stato chi ha precisato che il territorio del comune di Curinga e del suo hinterland non viva situazioni di disagio estremo paragonabili a quelle di Brancaccio, suor Carolina ha sottolineato che in ogni ambiente si è chiamati a portare avanti la verità, a testimoniare il Vangelo, a impegnarsi per il bene comune, continuando così l'opera di chi, come don Puglisi, ha offerto la propria vita per costruire un mondo migliore.
La religiosa ha ricordato a questo proposito come Padre Puglisi amasse ripetere: "Se ognuno fa qualcosa, allora avremo fatto molto". A chi, tra i presenti, le ha chiesto quanti don Puglisi, Falcone, Borsellino, Libero Grassi dovremo ancora piangere per smuovere le coscienze e sperare in una fine delle mafie, suor Carolina ha risposto: "Dipende solo da noi. Siamo noi a fare i martiri perseguendo, con i nostri silenzi, la strada grigia dell'indifferenza". Ha richiamato, poi, ciò che diceva Padre Bregantini, già vescovo di Locri-Gerace, il quale, oltre alla mafia che uccide, denunciava gli atteggiamenti mafiosi che ci sono in ciascuno di noi e che, verosimilmente, ne costituiscono una componente fondamentale.
L'interessante serata si è conclusa con la proiezione di un video che ha mostrato le tante attività realizzate dall'associazione intitolata a don Puglisi che suor Carolina ha costituito a Bovalino, nella Locride, dov'è stata trasferita dopo la morte del sacerdote palermitano e dove tutt'ora si trova ad operare con le suore della Fraternità del Buon Samaritano per offrire ai ragazzi un'alternativa alla strada e mostrare loro che lavorare onestamente in un territorio soffocato dalla 'ndrangheta è possibile se si mettono a frutto le proprie risorse, si ridetermina il rapporto con le istituzioni e si perseguono modelli culturalmente e socialmente accettabili. Perché "Se ognuno fa qualcosa, allora avremo fatto molto".
Rosellina Amendola