Manifestazione del 17 Marzo 2011
Discorso del Sindaco Ing.
D. M. Pallaria
Un
doveroso saluto a tutti gli intervenuti alla odierna manifestazione,
alle autorità presenti, agli uomini e donne di Curinga, ai giovani ed ai
bambini delle nostre scuole che festeggiano con noi un evento molto
importante : il 150^ anniversario della nascita della nostra Nazione, di
un paese geograficamente indicato come uno stivale, che trovava la forza
– dopo secoli di contrapposizioni, guerre e divisioni - di unire ciò che
inevitabilmente avrebbe dovuto essere unito.
Ritengo di interpretare il sentimento comune dei miei concittadini e della
Calabria in genere nel condividere l’entusiasmo e la passione che
animano questo centocinquantesimo anniversario.
Vorrei ricordare con
orgoglio come proprio qui, in Calabria, si giocò una delle partite
fondamentali nel cammino verso l’unificazione.
Storicamente, il processo che ha portato all'unificazione è
stato lento e molto travagliato e ha fatto scorrere molto, molto sangue.
Sono tantissimi i calabresi che hanno dato la propria vita per uno Stato
unito e indipendente. Quando Garibaldi sbarcò a Melito di Porto Salvo,
nel 1860, trovò un popolo fortemente motivato, che credeva nella sua
battaglia per conquistare il Regno di Napoli e proprio a Reggio Calabria
sconfisse i borbonici (19 Agosto) nonostante essi fossero dotati
di un esercito numericamente superiore. Condizioni che si riproposero
puntualmente durante la marcia verso Napoli, durante la quale trovò
tantissimi patrioti pronti ad unirsi a lui. Emblematiche le battaglie di
Soveria Mannelli e Lungro, episodi in cui i calabresi diedero una
gloriosa prova del coraggio di cui sono dotati, per tradizione. Non a
caso, tra le regioni della penisola, la Calabria può vantare il maggior
numero di volontari “prestati” all'impresa di Giuseppe Garibaldi. E non
a caso piange tantissimi uomini valorosi, caduti in nome dell'Unità
d'Italia.
Ed anche Curinga in quegli anni di eroismo e coraggio recitò il proprio
piccolo ma significativo ruolo.
Il 27 e 28 agosto 1860 Garibaldi è a Curinga, in questo
palazzo, acclamato dal popolo di Curinga .
« Il popolo mandava grida di gioia. Le donne, portanti
rami di palma e di ulivo, gli mossero incontro, come a novello Cristo,
il redentore ». « Non gridate viva Garibaldi, ma viva l'Italia!
», rispondeva Garibaldi (cfr. dal libro di Don Bonello).
La famiglia Bevilacqua a perenne ricordo della sosta nella
loro casa, nel 1960, ricorrendo il centenario, pose una lapide marmorea
scoperta dal nipote di Garibaldi (Ezio Garibaldi).
Garibaldi arrivò a Curinga che non era atteso. Nella casa
dei Bevilacqua quella sera ricevette Francesco Stocco per dargli le
istruzioni per tallonare decisamente la ritirata dei Borbonici che, come
si sa, vennero disarmati il 30 di agosto in Soveria Mannelli.
Cinquantacinque (55) curinghesi validi alle armi (tra cui
il sac. Vincenzo Michienzi) lo
seguirono e il 27 agosto furono protagonisti di una battaglia,
con le altre Camicie Rosse, contro i
Borboni nei pressi della Grazia….. una seconda battaglia dopo quella
avvenuta in quello stesso luogo nel 1848 … e di cui giova ricordare la
definizione che fu data dei nostri antenati…Del popolo di Curinga in
quel lontano 1848 fu scritto: «Bello e sorprendente era il popolo di
Curinga. Emigrava intero per la montagna portando tutti gli oggetti
delle case. Le donne ci annunziavano che se ci fossimo battuti Maria
Santissima ci avrebbe salvati. Questo grido era in bocca di tutti e noi
veramente - con quelle parole - diventammo superiori a noi stessi
».
Una conferma del fascino subito dai Curinghesi di Giuseppe
Garibaldi la troviamo nella toponomastica: al suo nome è dedicata la
principale arteria del paese. Curinga registra altresì un’ ultima
mobilitazione garibaldina risalente ad appena qualche giorno dopo la
morte del Generale: il popolo si raduna in piazza attorno ad un
catafalco. Vi sono la banda, i reduci garibaldini, le scuole, i
carabinieri, il Consiglio Comunale “… sul catafalco, in mezzo a un
trofeo di armi e di bandiere l'effige del Defunto. Due ex ufficiali
garibaldini, in camicia rossa, portano la bandiera e la corona dì fiori.
Il maggiore Giacinto Bevilacqua, che aveva combattuto al Volturno,
depose la corona ”.
Ma torniamo al valore
espresso da questo evento (una festa come decretato) nato con
l’obiettivo di far scaturire una riflessione sul nostro senso di
appartenenza al popolo italiano in un momento di valutazione e
di retrospezione profonda diverso dalle solite manifestazioni
culturali.
Come ha opportunamente
evidenziato il politologo Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della
Sera del 20 luglio scorso… “tutti noi siamo, e rimarremo, italiani
senza memoria.” La nostra memoria storica spesso non ci appartiene,
spesso non la conosciamo o non l’abbiamo mai concretamente vissuta.
Gli italiani infatti si
sentono uniti solo ed unicamente per fatti che non
riguardano la comune, convinta e partecipe appartenenza ad un destino
comune….. ci sentiamo uniti, noi italiani, quando la
nazionale vince i mondiali di calcio, quando la stampa estera ci attacca
con i soliti luoghi comuni, quando nei paesi stranieri vediamo
campeggiare insegne di trattorie con pizza, spaghetti e caffè, o quando,
tutti insieme, abbiamo la possibilità di manifestare la nostra
solidarietà a chi è stato vittima di eventi catastrofici o a chi, per un
motivo o per un altro, vive in condizioni svantaggiate.
Questa festa è allora
un evento che non possiamo non intendere nel suo profondo e giusto
significato… siamo qui, come in tutta Italia, a celebrare le ragioni
che ci tengono insieme….
Oggi l’Italia – pur alle prese con molte difficoltà e con uno spirito
unitario che segna il passo da logiche di inutile divisione – è un paese
intero, forte ed ancora protagonista della storia europea… ma dobbiamo –
tutti insieme –
recuperare ed ampliare un impegno comune… L’unità è un valore
assoluto che non può essere messo in discussione ma che va ricordato e
sostenuto con forza.
Le celebrazioni
del 150^ anniversario hanno senso perché l’Italia ha bisogno di più
unità, di nuova e più forte coscienza unitaria; l’unità nazionale
conquistata un secolo e mezzo fa si consolida affrontando con nuovo
slancio la sfida dell’incompiutezza della nostra unificazione
Bisogna riscoprire
partendo dal Sud i valori ed i principi che ci uniscono anche perché è
dal Nord che è partito il processo di unificazione e oggi proprio nella
celebrazione della riunione del primo parlamento dell’Unità nazionale ,
avvenuto il 17 marzo 1861 è sempre dal Nord, dalla Lega Nord che parte
il processo di secessione della Patria.
Questo è un approccio che
abbiamo l’obbligo di riferire all’Italia….
Ma tutti noi abbiamo anche
il dovere di riferirlo alla nostra comunità…
Io credo fermamente che ciascuna delle nostre comunità debba essere
unita e coesa al suo interno per poter partecipare convintamente ad
un’unità più
grande ed impegnativa…
E’ importante far
comprendere alle nuove generazioni che l’Unità d’Italia è passata anche
attraverso difficoltà, incomprensioni e decisioni che a volte non tutti
gli italiani condivisero, ma che tutto ciò fu necessario per formare
un’unica nazione e un unico popolo.
Ma che quel giorno era
anche l’inizio di una nuova vicenda storica, che si sarebbe dipanata nei
centocinquanta anni successivi. Una vicenda in cui l’Italia ha visto
avvicendarsi luci splendenti e ombre spesse, ha subito le devastazioni
di due guerre mondiali e l’oppressione di una dittatura, è approdata a
una più ampia democrazia attraverso la Resistenza e la Repubblica.
Mai, in questo lungo e alterno percorso storico, è stata messa
in discussione, fino ad oggi, l’Unità del Paese, nella consapevolezza
che è su questa unità che si fonda la nostra forza e la nostra dignità
di Nazione di fronte al mondo.
Questo giorno, unico e di
importanza fondamentale, arrivi alle nuove generazioni come riflessione
ma, soprattutto, orgoglio per ciò che noi italiani , in termini di
cultura, arte, tradizione, bellezza riusciamo ad essere agli occhi del
mondo intero, senza mai dimenticare lo spirito di resistenza e lotta
che, con alto sacrificio deve renderci fieri di ciò che siamo.
Oggi si registrano
tentativi di riscrivere quel periodo storico. Lasciamo pure agli storici
una valutazione serena e obiettiva dei fatti; ma ciò che non deve
passare in secondo piano sono i valori della libertà conquistata e
l’impegno delle future generazioni a garantirla.
Per questo, ritengo
che l’evento che si sta celebrando in tutta Italia non debba
essere solo un omaggio alle memorie, ma anche un impegno di fedeltà
ai valori fondamentali, solennemente sanciti nella nostra
Costituzione, che legano, in una realtà comune, le multiformi
varietà culturali e territoriali di questo nostro Paese.
Ma questo momento in cui
celebriamo il passato deve essere, anche e soprattutto, di stimolo a
riflettere sul nostro futuro.
Il dibattito politico sul
federalismo in Italia sta assumendo contenuti sempre più concreti e
operativi, anche se ancora sfumati nell’incertezza e nelle ambiguità
delle enunciazioni.
Forse vale la pena di
ricordare come l’idea di un’Italia federale sia stata espressa, nella
prima metà dell’Ottocento, da un’autorevole corrente di pensiero,
impersonata, per esempio, e in modi diversi, da Cattaneo e Rosmini; lo
stesso Cavour immaginava uno stato federale, prima di convertirsi al
centralismo.
Il corso della storia e le
esigenze politiche contingenti hanno portato, centocinquanta anni fa, in
tutt’altra direzione, verso una struttura istituzionale fortemente
centralizzata. Una struttura che ha avuto certamente il suo ruolo e la
sua importanza nel rafforzare l’unità della nazione e nell’amalgamare
differenze culturali, ma che, oggi, appare sempre più incompatibile con
le esigenze dell’efficienza amministrativa e della partecipazione.
Certo, però, non può
essere in alcun modo accettato il fatto che dietro l’ansia per il
federalismo si nascondano antistoriche velleità separatiste.
Nella nostra visione, il
federalismo è un sistema in cui ciascuna realtà territoriale, operando
in piena autonomia, dà il suo contributo positivo alla crescita sociale
e civile della comune Nazione, generando e sviluppando localmente
risorse economiche, culturali, umane.
E’ consolante come questo
anniversario sembri avere rinnovato l’idea di Italia nel comune sentire
dell’opinione pubblica; è un’occasione da non perdere, per rafforzare e
diffondere sempre di più il senso della comune appartenenza a un grande
Paese.
Nel custodire e nel
promuovere con sempre più determinazione la nostra autonomia e la nostra
identità, ci sentiamo, anche noi curinghesi, di gridare, in modo forte e
convinto: “Viva l’Italia”.
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