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  Poesie tratte da  "Poesie"    Bruno Sgromo

 

A LA CALABRIA

 

Mite Calabria, dormi ed io ti piango

In questa stanza desolata, oscura...

Piango la tua sventura

E maledico chi ti vuol nel fango.

 

A te speme non ride, nè parole

Consolan – dormi – e chi ti veglia mai?

Invan da tanti guai

Cerchi fra i poltri figli chi t’invole.

 

Gemi, che sol col pianto sfogar puoi

L’affanno che da secoli t’opprime;

E l’alte fibre e l’ime

Scota il singulto e svegli in te gli eroi.

 

Chi ti maltratta con favella atroce,

Chi ti chiama una quercia senza ramo,

Io solo, io solo t’amo

E piango il tuo abbandono ad alta voce.

 

Vorrei poter lenire il tuo dolore,

Vorrei poter da l’imo sollevarti

E per le vie lanciarti

Dove pulsa l’industria ed il vapore.

 

 

E vorrei dire ai tuoi politicanti

Con parola di sdegno e di rampogna:

Deh, vi muova vergogna

Del vostro oprato di politicanti.

 

La Calabria, perdio, non serve ad altro

Che a pagare le tasse e a far da soma:

Nella regale Roma

Al parlamento, v’è ‘l  Ministro scaltro.

 

Noi siamo figli d’una madre altera

E ‘l nostro sangue alfine si ribella.

Noi siam del Campanella

I pronipoti; e come lui la fiera

 

Anima abbiamo. Poi la storia nostra

Vale la Storia de’ migliori esempi;

E ne’ remoti tempi

Magno fu il nome della terra nostra.

 

Ci colse strage nel tempo lontano:

Etna ci desolò per anni ed anni

E ci coprì d’affanni;

Ma risorgemmo dall’eccidio umano!

 

E nel sessanta pure noi sapemmo

Dal secolar nemico liberarci;

Garibaldi donarci

Seppe la libertà, che difendemmo.

 

Noi dell’Italia tutti figli siamo;

E sul Carso e Trentin duro, a coorti

Abbiamo i nostri morti

Per la Patria comun, che tanto amiamo.

 

Perchè dovremo ancora noi languire

Sì dopo tanti sacrifici e pene?

“Pronti ai tributi?” Ebbene

Giuste leggi dovrete a noi elargire.

 

Donarci industrie e traffici ne’ porti,

Come nel settentrion d’Italia altera;

E la Calabria, fiera

Del suo passato e de’ suoi grandi morti,

 

Risorgera più bella; e avrà de’ beni

Immensi: ricca le daremo il nome

Ancor di Magna, come

Ne’ tempi degli antichi e forti Elleni.

 

 

 

 

 

 

A VENT’ANNI

 

Amo Annetta, Cesira e Maria,

Le tre Grazie di mia simpatia,

La triade con ugual sentimento

Io corteggio felice e contento.

“Sorto” alle cinque dalla Caserma,

(Sono un soldato ma senza ferma)

 E sulla porta già trovo Annetta

Che da tre quarti d’ora m’aspetta.

Con la mia bella di qua e di là

Io mi diverto per la città.

Dico ad Annetta:Quanto t’adoro,

Ogni tuo bacio vale un tesoro.

E me ne vado. Corro a Cesira,

Le dico: T’amo! mentre sospira,

Senti, stasera... non ti crucciare,

tutta la bocca ti vo’ baciare....

Lascio Cesira dagli occhi neri,

-Piccola fata, di me che speri?-

E corro subito in tutta fretta

Ove di certo Maria m’aspetta.

Ella si lascia con gran piacere

Da me baciare le trecce nere.

Come a vent’anni è rose e fiori

La vita e semplici sono gli amori.

 

 

A CARDUCCI

 

L’alta irruenza de l’ingegno fiero,

Dal titanico verso adamantino

E’ in te sì grande, Enotrio! Il mio pensiero

Si bea nel canto tuo forte e divino!

 

Scorre Clitumno nel tuo verso austero

Per le valli de l’Umbria, cristallino

Dissetando le greggi e ‘l bue severo,

Mentre sorride il ciel de l’Appennino.

 

Ecco il tuo canto è amaro e si dissolve

In “Pianto antico” ed è sublime immerso

Nel pio ricordo e nel dolor si evolve.

 

Salve, cantor di Satana! M’ammalia

L’Arte tua pura ed il possente verso.

Salve, poeta de la terza Italia!

 

 

Non ha segreti

 

Per noi degnissimi,

Grandi poeti.

 

Perchè mi stimoli

Con la paesana

Musa satirica

Della Mongiana?

 

Hai letto i Classici,

Li sai a memoria...

Di Dante l’esule

Sai pur la storia.

 

Declami il fulgido

Bel verso suo,

Con tutta l’enfasi

Del saper tuo.

 

Sembri il Boccaccio

Quando a Fiorenza

Di dotto pubblico

Alla presenza,

 

Commenta in lingua

Nova e sonante,

Il sapientissimo

Verso di Dante.

 

Ma di Boccaccio

Hai l’eloquenza?

Ed io dell’ esule

Vate la scienza?

 

Oh, ciò è ridicolo!

E’ ardire troppo...

Andiamo ad asparagi

A gran galoppo.

 

                                                         

 

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