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 Prof Martino Granata

 

CURINGA... CURINGA

 

Curinga..., nome arcano vibrato attraverso sinfonie di lontananza che lasciano scivolare nell’anima di chi lo sussurra, tra accorati sospiri, sensazioni amplificate di ebbrezze palpitanti di sogno, di silenti ricordanze sventolanti ai veroni del cuore, ineffabili estasi sai scolpire nel nostro firmamento.

 Curinga..., armonia di sillabe danzanti sulle rive della mente che insegue reminiscenze remote alla tesa conquista di spiragli rivelatori di esimi natali lenenti delle ombre lunghe che han nel tempo velato le certezze e assopito le stagioni luminose dell’incanto, speranze fulgenti riesci a cesellare nel cielo limpido di questa nostra pensile esistenza!

 Curinga..., nome che viaggia nel vento delle rondini in volo e che incespica in primavere di luce ove si accetti “ Chorion - la lontana”ť, coniato da madre Lacconia, memorie dell’Ellade antica gestante, o “Corincos - abitanti dei Colli”ť, dettato dai Padri ancorati alle pianure, dal mare baciate con languore altalenante di murmure risacca, o “Kurgan - colle fortificato”ť, che richiami novelle slave galoppanti su nitriti possenti di destrieri a briglie sciolte accorrenti sotto lo sprone mitico di Joannes Kouningares, eroe a suggellare forti natali adottato, o che ci si concentri, ammaliati dal suono seducente, sui modulati concenti delle elleniche “curinghe – cennamelle”, semplici, musicali frutti dei calami imperanti sulle balze e lungo gli orli di naturali poggi vallivi o sibilanti all'aure dolci del ponente nelle radure di inviluppati declivi, e si inseguano, irresistibilmente affascinati, magnetiche promesse di cerimonie solenni magnificanti epocali, prodigiosi eventi, o che ci si fermi appagati al verosimile, modesto “Curi,curi, nga - corri, corri qua”ť, concitato, intenso appello accorato, indice di tracciati di salvezza, di consolatori approdi nelle tragedie destinate alle valli, deboli prede dei torrenti svegliati sovente dai nembi impietosi del cielo.

 Curinga, alla ricerca c’inviti, alla ricerca dell’etimo che freni la fantasia per navigare tra sponde di certezze e volteggiare sospesi a lembi di atmosfere garrule, oscillanti pendule alle ali dell’infinito, ove lo sguardo si annulli in orizzonti irraggiungibili e profondi per posarsi sazio su pareti di altezze smisurate.

 L’abbraccio panico delle tue vedute suggestivo si scioglie al vento delle foglie d’argento degli ulivi che ti fan corona e ondeggia, vaga melodia, ai freschi sorsi del nettare dei vigneti che s’inseguono sui pianori assolati dei tuoi colli, al verde cupo, prepotente degli elci fluttuanti inquieti sull’opposta facciata di Cozzale dal fiume forgiata con le precipiti acque scroscianti sul letto nei secoli inciso, alle brezze turchine, di balsamico stormire di pini mediterranei intrise, scoccate dai glauchi brividi di un mare adorato che accarezza soave le rimembranze della montagna, esuli forme granulari silicee irrorate d’azzurro.

 L’ incedere felpato, tra sommessi vicoletti socchiusi all’invadenza, ad ascoltar intenti nenie struggenti a grappolo fermate oltre vetrate di vigili finestrelle velate, sorridenti pei riflessi diffusi del vigoroso sole di mezzogiorno, feconda nell’anima quiete di seta. 

Sai d’oriente come il sole che ti veste e t’indora fino al tramonto o come il vento dei monti che ti spoglia della serena frenesia e t’avvolge in veli soporosi di remoto calore che s’insinua tra le fibre della vita e placa il vigore ardente dell’azione.

 Sublime č il canto che su te versano, lustrale freschezza, le borgate montane da Zecca aggrappata al costone sonante del sorgente Turrino, a Centone placida su spettacolari terrazze sdraiata a libare intenta il tiepido calice dei primi raggi, a Iencarella avvolta in ridenti scialli di tenue verzura, a Croce Cappello aerea, librata su panorami sconfinati, a San Salvatore in sonnolenti nidi di sole adagiata, ad Agrosini in bomboniera Verde perla scolpita.

 Dai colli preziosi dell’oro trasparente dei tramonti invernali i saluti ti sventolano Ergadi solatia, ai balconi aperti sul golfo di Lamezia Trunchi affacciata e Calavrici gloriosa e antica e Romatisi ridente e trasognata in sfavillii di diademi-rugiade immersa, mentre Acconia scalpitante e rapida cavalca l’istessa sua gloria coccolata da Cerzeto acclamante e Ferraiolo e Torrevecchia, di Magnagrecia sapienti, di Roma ancora e di Fenicia, Ciceri amena e Bivio Bevilacqua, effervescente e vivo testimone di antichitŕ profonde che accendono ancestrali barlumi di selce levigata dal fluire antico del sangue, e La Grazia e La Malia, tra realtŕ  sospese e fantasia.

 Curinga, la vita tua narrano a capitoli i rioni tutti, da Calicinň-Ospizio addormentato sul monocorde fabulare di Trecanali abbandonata, alla ciarliera nidiata della solare e spumeggiante Piazza Immacolata, al Calvario scompigliato da correnti impetuose laceratrici dei lenzuoli di luce impigliati su gradinate di tetti spauriti, alla Pietrapiana, misterioso dedalo di flebili, delicati sospiri, alla Rughella, maliziosa chiacchierina, a Serra di Ciancio diafana, ridente, vespertina, a Notarcola spettatrice d’incomparabili visioni ricamate di serici gorgoglii, a Gornelli, ove l’acque senton del pianto degli addii, alla Piazza festosa ed ebbra di un passato colmo di speranze, a Rivenzino rorido di aliti densi di silane fragranze, al Piano delle Aie affollato di giovanili fermenti, a S. Giuseppe-concerto di musiche dal sapore del cuore, a S. Rocco decorato con pennellate di amore, a Clemenza, sorpresa spalancata su onde di immensi scenari azzurri, alla Villa eccitata da marini sussurri, a Sant’Elia, oasi di pace dai cieli tersi, che schiudon le porte alla catarsi dei sensi, ai bagliori di vivide aurore avvinti o nella poesia dei tramonti persi... 

Curinga, canzone melodiosa che si spiega calda dall’anima dei figli ancorati alle vesti che t’inargentano, sospiro che si sublima nella mente di chi ha varcato incredulo gli orizzonti confini eterni promessi nell’infanzia e il tuo richiamo culla sulle ali del pensiero, nuvola di petali aulenti su cui chiude i fremiti ogni cuore e sulla passione che si addormenta arde aneliti d’immenso, fiore di farfalla sfolgorante intorno ad aureole di cielo, appaga ognora i desideri palpitanti di chi attende d’ inebriarsi alla luce dei tuoi incanti!

 

Curinga, 24 settembre 1995

 Martino Granata

 
 
 

 

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