CURINGA... CURINGA
Curinga..., nome arcano vibrato
attraverso sinfonie di lontananza che lasciano scivolare
nell’anima di chi lo sussurra, tra accorati sospiri, sensazioni
amplificate di ebbrezze palpitanti di sogno, di silenti
ricordanze sventolanti ai veroni del cuore, ineffabili estasi
sai scolpire nel nostro firmamento.
Curinga..., armonia di sillabe
danzanti sulle rive della mente che insegue reminiscenze remote
alla tesa conquista di spiragli rivelatori di esimi natali
lenenti delle ombre lunghe che han nel tempo velato le certezze
e assopito le stagioni luminose dell’incanto, speranze fulgenti
riesci a cesellare nel cielo limpido di questa nostra pensile
esistenza!
Curinga..., nome che viaggia
nel vento delle rondini in volo e che incespica in primavere di
luce ove si accetti “ Chorion - la lontana”ť, coniato da madre
Lacconia, memorie dell’Ellade antica gestante, o “Corincos -
abitanti dei Colli”ť, dettato dai Padri ancorati alle pianure,
dal mare baciate con languore altalenante di murmure risacca, o
“Kurgan - colle fortificato”ť, che richiami novelle slave
galoppanti su nitriti possenti di destrieri a briglie sciolte
accorrenti sotto lo sprone mitico di Joannes Kouningares, eroe a
suggellare forti natali adottato, o che ci si concentri,
ammaliati dal suono seducente, sui modulati concenti delle
elleniche “curinghe – cennamelle”, semplici, musicali frutti dei
calami imperanti sulle balze e lungo gli orli di naturali poggi
vallivi o sibilanti all'aure dolci del ponente nelle radure di
inviluppati declivi, e si inseguano, irresistibilmente
affascinati, magnetiche promesse di cerimonie solenni
magnificanti epocali, prodigiosi eventi, o che ci si fermi
appagati al verosimile, modesto “Curi,curi, nga - corri, corri
qua”ť, concitato, intenso appello accorato, indice di tracciati
di salvezza, di consolatori approdi nelle tragedie destinate
alle valli, deboli prede dei torrenti svegliati sovente dai
nembi impietosi del cielo.
Curinga, alla ricerca
c’inviti, alla ricerca dell’etimo che freni la fantasia per
navigare tra sponde di certezze e volteggiare sospesi a lembi di
atmosfere garrule, oscillanti pendule alle ali dell’infinito,
ove lo sguardo si annulli in orizzonti irraggiungibili e
profondi per posarsi sazio su pareti di altezze smisurate.
L’abbraccio panico delle tue
vedute suggestivo si scioglie al vento delle foglie d’argento
degli ulivi che ti fan corona e ondeggia, vaga melodia, ai
freschi sorsi del nettare dei vigneti che s’inseguono sui
pianori assolati dei tuoi colli, al verde cupo, prepotente degli
elci fluttuanti inquieti sull’opposta facciata di Cozzale dal
fiume forgiata con le precipiti acque scroscianti sul letto nei
secoli inciso, alle brezze turchine, di balsamico stormire di
pini mediterranei intrise, scoccate dai glauchi brividi di un
mare adorato che accarezza soave le rimembranze della montagna,
esuli forme granulari silicee irrorate d’azzurro.
L’ incedere felpato, tra
sommessi vicoletti socchiusi all’invadenza, ad ascoltar intenti
nenie struggenti a grappolo fermate oltre vetrate di vigili
finestrelle velate, sorridenti pei riflessi diffusi del vigoroso
sole di mezzogiorno, feconda nell’anima quiete di seta.
Sai d’oriente come il sole che
ti veste e t’indora fino al tramonto o come il vento dei monti
che ti spoglia della serena frenesia e t’avvolge in veli
soporosi di remoto calore che s’insinua tra le fibre della vita
e placa il vigore ardente dell’azione.
Sublime č il canto che su te
versano, lustrale freschezza, le borgate montane da Zecca
aggrappata al costone sonante del sorgente Turrino, a Centone
placida su spettacolari terrazze sdraiata a libare intenta il
tiepido calice dei primi raggi, a Iencarella avvolta in ridenti
scialli di tenue verzura, a Croce Cappello aerea, librata su
panorami sconfinati, a San Salvatore in sonnolenti nidi di sole
adagiata, ad Agrosini in bomboniera Verde perla scolpita.
Dai colli preziosi dell’oro
trasparente dei tramonti invernali i saluti ti sventolano Ergadi
solatia, ai balconi aperti sul golfo di Lamezia Trunchi
affacciata e Calavrici gloriosa e antica e Romatisi ridente e
trasognata in sfavillii di diademi-rugiade immersa, mentre
Acconia scalpitante e rapida cavalca l’istessa sua gloria
coccolata da Cerzeto acclamante e Ferraiolo e Torrevecchia, di
Magnagrecia sapienti, di Roma ancora e di Fenicia, Ciceri amena
e Bivio Bevilacqua, effervescente e vivo testimone di antichitŕ
profonde che accendono ancestrali barlumi di selce levigata dal
fluire antico del sangue, e La Grazia e La Malia, tra realtŕ
sospese e fantasia.
Curinga, la vita tua narrano a
capitoli i rioni tutti, da Calicinň-Ospizio addormentato sul
monocorde fabulare di Trecanali abbandonata, alla ciarliera
nidiata della solare e spumeggiante Piazza Immacolata, al
Calvario scompigliato da correnti impetuose laceratrici dei
lenzuoli di luce impigliati su gradinate di tetti spauriti, alla
Pietrapiana, misterioso dedalo di flebili, delicati sospiri,
alla Rughella, maliziosa chiacchierina, a Serra di Ciancio
diafana, ridente, vespertina, a Notarcola spettatrice
d’incomparabili visioni ricamate di serici gorgoglii, a Gornelli,
ove l’acque senton del pianto degli addii, alla Piazza festosa
ed ebbra di un passato colmo di speranze, a Rivenzino rorido di
aliti densi di silane fragranze, al Piano delle Aie affollato di
giovanili fermenti, a S. Giuseppe-concerto di musiche dal sapore
del cuore, a S. Rocco decorato con pennellate di amore, a
Clemenza, sorpresa spalancata su onde di immensi scenari
azzurri, alla Villa eccitata da marini sussurri, a Sant’Elia,
oasi di pace dai cieli tersi, che schiudon le porte alla catarsi
dei sensi, ai bagliori di vivide aurore avvinti o nella poesia
dei tramonti persi...
Curinga, canzone melodiosa che
si spiega calda dall’anima dei figli ancorati alle vesti che
t’inargentano, sospiro che si sublima nella mente di chi ha
varcato incredulo gli orizzonti confini eterni promessi
nell’infanzia e il tuo richiamo culla sulle ali del pensiero,
nuvola di petali aulenti su cui chiude i fremiti ogni cuore e
sulla passione che si addormenta arde aneliti d’immenso, fiore
di farfalla sfolgorante intorno ad aureole di cielo, appaga
ognora i desideri palpitanti di chi attende d’ inebriarsi alla
luce dei tuoi incanti!
Curinga, 24 settembre 1995
Martino
Granata
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