Curinga, 23 maggio 2013
Ci inchiniamo di fronte alla morte di Don Andrea Gallo che è stato definito il prete rosso, il prete di strada, il prete new global. Ha fondato la comunità di S. Benedetto al Porto di Genova, un’isola che accoglie persone in difficoltà: tossico dipendenti, ex prostitute, barboni, transessuali, in definitiva gli ultimi. Don Gallo si definiva partigiano del Vangelo ed era soprattutto un uomo di chiesa profondamente convinto di indossare l’abito talare. Divenne famoso quando denunciò al mondo i fatti della scuola Diaz e della caserma di Bolzaneto durante il G8 di Genova. Sempre a fianco degli ultimi, a Genova lo conoscevano tutti e per tutti aveva una parola di conforto. Molti uomini della politica e dello spettacolo lo hanno amato e sostenuto in tutti questi anni da Vasco Rossi a Romano Prodi a Dario Fo e tantissimi altri. Suo grande amico era Fabrizio De Andrè con cui condivideva la stessa visione del mondo e lo stesso amore per quella parte di società dolente ed emarginata. E’ stato partigiano insieme con il fratello e, molte volte, dopo la chiusura della messa cantava “ Bella Ciao”. Lo voglio ricordare riportando quanto da lui scritto poco tempo fa:
Chissà domani
Chissà se domani ci sarò ancora. Sono vecchio, malandato. Vivo cercando continuamente una sintesi, una ricomposizione, un modo per ricondurre la mia giornata a un’unitarietà di senso. Cerco sempre di camminare dentro la compagnia di tutti, mentre va emergendo l’originalità che è in me e si libera il messaggio contenuto nel Vangelo. Vivo l’avventura di un povero cristiano, nella dimensione del discepolo credente, alla scuola di uno stile di vita che mi supera e mi indica spazi e orizzonti tutti da scoprire: normalità, fedeltà, gratuità, dono, piacere. A volte vorrei un’indicazione su come fare per essere un buon cittadino di questo mondo. Abitare la Terra e vivere di fede è un punto di difficile equilibrio. Spesso mi son sentito dire:” Ehi, Don Gallo, devi prenderlo tu questo tossico perché non lo vuole nessuno”. Una volta era un sudamericano, transessuale, tossicodipendente. Era dieci anni che girava per l’Europa con il suo carico di miseria e di abbandono. Si faceva chiamare Stella. Le altre comunità lo avrebbero accettato solo se si fosse vestito da uomo. Io l’ho preso con me così com’era. E’ stato con noi un anno e mezzo ed è stato la stella di tutti, dei grandi e dei piccoli. In un’altra occasione mi venne portato un tossico rifiutato da tutti perché era sordomuto. Tutti i ragazzi della comunità si sono arricchiti con lui: avevamo sviluppato un codice di comunicazione che ci permetteva di parlare, discutere, condividere, comunicare. Imparare ad ascoltare, a fare silenzio, a restare in attesa ha accresciuto in me la gioiosa consapevolezza che io non salvo nessuno, che sono solo un mendicante, un cercatore di senso, uno che si interroga la vita. Vorrei imparare l’umiltà di esserci, rallegrandomi della presenza degli altri, restando un indicatore leggero di una luce, in attesa di ricevere la pienezza del senso della vita. Ho molti anni e mi sento un bimbo. Ho solamente un genio in me: il genio della fanciullezza. A ottanta spero di essere ancora giovane e di poter dire all’angelo che mi verrà a chiamare “ Senti un po’, ritorna fra dieci anni”.
Ciao Don Andrea
Mimmo Curcio