Curinga, 07 agosto 2012
Quest’anno l’Associazione per Curinga ha deciso di dedicare il calendario agli emigrati curinghesi. Voglio lasciare che ad introdurre questo tema, a me molto caro, sia questa preghiera:
Figlio
Qui mi son posta
Per esserti guida nel cammino
Sorreggere le tue speranze
Consolare i tuoi dolori
Come sol può fare
Tua madre
Queste poche, avvolgenti, amorevoli, consolatorie frasi hanno accompagnato nel loro lungo viaggio decine di emigrati curinghesi del secondo dopoguerra. Ancora oggi, molti di loro le conoscono a memoria. Le frasi sono incise alla base della statua della madonna del Carmine posta a Gornelli a rappresentare, per chi partiva, l’ultimo saluto al paese. La partenza di un emigrato, specialmente per chi partiva verso le Americhe o l’Australia, era vissuta come un vero e proprio lutto, infatti molti capivano che, probabilmente, non sarebbero più tornati al paese. La partenza iniziava con il giro delle chiese di Curinga e con le preghiere affinché tutto andasse bene.Si continuava con il saluto dei parenti e in casa di chi partiva, le sedie erano sistemate come quando c’era un lutto. La fermata finale era alla statua della Madonna di Gornelli dove veniva recitata la preghiera già citata. Parole universali, che parlano a tutti di una mamma che si congeda dal figlio e non sa quando lo potrà riabbracciare. Per questo la loro separazione è più lacerante: non c’è nessuna certezza del domani, tutto è indefinito si tratta di un’altra vita da inventare. Era un salto nel vuoto, nell’ignoto, nel non conosciuto ma pensato, immaginato e costruito sulle fantasie, i racconti e le storie degli altri. A Napoli al momento della partenza, si assisteva ad una delle scene più emozionanti e ne riporto una descrizione “I parenti rimasti a terra tenevano in mano un gomitolo di lana e la persona che saliva sulla nave ne teneva in mano il capo iniziale. Mentre la nave partìva dal molo, i gomitoli di lana cominciavano lentamente a srotolarsi fra le grida d’addio delle donne e i battiti dei fazzoletti tenuti in alto dai bambini. Quando il gomitolo si srotolava completamente , le strisce lunghe rimanevano in aria, sostenute dal vento finchè non si perdevano di vista sia a quelli di terra sia a quelli sulla nave”.Il significato era chiaro: si voleva protrarre il legame che la partenza avrebbe forse spezzato per sempre.
Agli inizi del Novecento si emigrava da Curinga preferibilmente verso “ l’America bona “, con questo semplice aggettivo i curinghesi identificavano gli Stati Uniti , distingendoli dall’America del Sud. Prima, invece, si emigrava nei paesi dell’America del Sud Argentina e Brasile. Negli USA erano inseriti al più basso livello di occupazione industriale, relegati in maniera o lungo la “ tracca” ( da truck, linea ferroviaria). Nel secondo dopoguerra da Curinga si emigrava verso il Canada, USA, Australia e Paesi Europei. Quanti furono i curinghesi che emigrarono? Attualmente si può parlare solo di stime e grazie alle ricerche recenti di Fabio Fruci, che ringrazio per la sua collaborazione alla redazione del calendario, si può affermare che negli anni tra il 1959 e il 1969 emigrarono da Curinga 2500 persone con saldo netto tra partenze e rimpatri di 1000 persone. Gli anni peggiori furono il 1962 in cui emigrarono 200 persone, il 1966 con 230 e il 1967 e1968 con 200 per anno. Come si può notare si tratta di cifre significative e, mentre nel mondo scoppiava la contestazione giovanile da Curinga si emigrava. Questi numeri ci spiegano come in quegli anni il paese si spopolò.
L’emigrazione e’ stata una vera e propria diaspora ( dispersione) dei curinghesi, dei calabresi e degli italiani nel mondo. Si può affermare che in ogni famiglia curinghese c’è un figlio, un genitore, un fratello o una sorella che è emigrata.
Hanno vissuto in tutte le periferie del mondo, nelle baracche delle grandi città svizzere e tedesche, nei campi minerari, nei cantieri di New York e con il loro lavoro hanno contribuito alla costruzione e all’evolversi delle grandi società del mondo occidentale. Qualche nostro emigrante ha anche contribuito alla fondazione di nuove città in Brasile e mi riferisco alla famiglia Perugino che sono stati tra i primi abitanti di Barreiro Baixo ( basciu) nello stato di Minas Gerais oggi diventata una vera e propria città.
Il calendario contiene foto di nostri emigranti e una breve storia dell’emigrazione curinghese ma, soprattutto, vuole contribuire a mantenere in vita quell’esile filo che ancora esiste tra chi vive a Curinga e chi da Curinga è emigrato. I testi del calendario sono di Pietro Mazzotta, Fabio Fruci, e del sottoscritto.
Mi piace concludere con una nota di colore sottolineando come riusciamo a trovare, anche nei momenti più complessi della nostra vita, delle risorse. In questo caso la risorsa è stata la costruzione di una nuova lingua completamente inventata dai nostri emigrati ed è l’italiese, un misto tra dialetto e inglese che è diventato un nuovo modo d’intendersi tra di loro. E’ stata definita la lingua della sopravvivenza nata in Canada dove l’università di Toronto ha, addirittura, istituito dei corsi universitari di italiese. Alcune delle frasi più caratteristiche sono : i strati larghi si chiamano stretti, u carru nto giardinu, la gasolina, dragare, bagghicejja, techerisi da take care( stammi bene), qleit ( bevanda leggera colorata) e tante altre.
Oggi i curinghesi sono sparsi per il mondo dall’Europa, alle Americhe e all’Australia e l’emigrazione continua. I nostri giovani continuano ad andare via: e’ il talento che va incontro alle opportunità così come qualche studioso ha definito l’emigrazione ma l’amara realtà è che, dalla fine dell’Ottocento in poi dai nostri paesi si continua ad emigrare.
Mimmo Curcio