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Prefazione
La
conoscenza delle vicende che nel corso dei
secoli hanno arricchito di protostoria la nostra Regione, ci ha invogliati
ad occuparci con non poca fatica, alle ricerche, per illustrare e far rivivere
con lo scritto l’importanza di un patrimonio storico - archeologico, che in
Calabria si identifica ad una miniera
quasi da scoprire e da sfruttare sia nel campo scientifico che in quello
culturale e turistico. Con questo nostro modesto lavoro cercheremo la rievocazione
di un lontanissimo passato, indagando nei segni tangibili che ci hanno tramandato
le varie civiltà durante gli avvenuti insediamenti.
Il
nostro obiettivo non si ferma solamente ai fatti trascorsi; ma tende allo stimolo
di studi sulle esperienze nel conoscere vicissitudini lieti e tristi di cui
la nostra storia si nutrisce nel dramma di esse. Non pochi sono gli eruditi
storiografi che con le loro opere ci hanno illuminato su quanto è obliato in
Calabria, e purtroppo specialmente, da parte di molti naturali, disinteressati
del prezioso patrimonio atavico.
Quando
una nuova opera, sia pure modesta, si aggiunge a tante altre non è inutile;
poiché il ricordo spesso frutta un risveglio fra gli occasionali lettori per
stimolarli alla conoscenza dei tesori esistenti nel proprio paese, di cui molti
semidistrutti.
Non
ci preoccupa il giudizio sul merito e l’importanza dell’opera.
L’essenziale
è di riunire e mettere in luce l’eloquenza di un linguaggio che nemmeno i secolo
sono riusciti a distruggere; sebbene i vandali locali, nella loro crassa ignoranza,
hanno fatto e fanno man bassa indisturbati nell’opera devastatrice selvaggia.
Nonostante
le pressioni da parte di studiosi locali, con le loro specifiche competenze
nel campo della verità storica; competenza acquistata durante la dedizione e
in sacrificio sulle ricerche realizzate nel labirinto del passato, le autorità
governative hanno trascurato di valorizzare tanto vistoso patrimonio, degno
di essere messo in luce, per tramandare ai posteri i grandi avvenimenti che
si sono alternati, durante i millenni, nella nostra regione. Settembre 1975 CALABRIA:
Abbondanti
sono i ritrovamenti di età preistorica in Calabria, ma la condotta degli scavi
è insufficiente.
Scarsamente
abitata in età paleolitica, presenta molti avanzi del neolitico che fanno
pensare ad una civiltà ibero - ligure. Ricche sono le tracce dell’età del
ferro, sparse ovunque che testimoniate dalla diffusione della sepoltura ad
inumazione. Molti sono i punti di contatto con le forme di tipo villanoviano.
Accanto
ai resti di fauna fossile, adatta al clima caldo, sono state trovate,
nell’attuale territorio calabro (1970) suppellettili musteriane (N.B. la
civiltà musteriana precede il paleolitico superiore e cioè oltre i
cinquantamila anni fa) nelle Grotte di Talao presso Scalea.
Ciò prova che la regione fu sicuramente abitata fin dal paleolitico.
Nel
neolitico, la Calabria era occupata da popolazioni di stirpe mediterranee:
numerose tombe con ricca suppellettile ritrovate nei dintorni di Catanzaro,
testimoniano della sua cultura.
Scarsi
invece i resti dell’età del bronzo, molto più numerosi quelli della prima età
del ferro (necropoli di Torre del Mibillo); a popolazione di ceppo ibero -
ligure , sono attribuibili alcune strutture murarie megalitiche di questa età.
L’etimologia
del vocabolo “Calabria”, proviene da voci orientali significanti pece e
latte, o da greche parole significanti abbondanza d’ogni bene.
P.
G. Fiore - Tomo I° “Calabria Illustrata” pag. 28:
Il
suo primo nome fu Ausonia, non dato dai greci ma dagli abitanti locali, mentre i
primi greci venuti in Calabria sono stati gli Arcadi Oenotri nel 2229. Poi
seguendo il discorso P. Fiore dice: E se pur ebbe ma non fu quello di Ausonia il
primo nominis Aramei e per antico origine, Ebrei furono quei primi. Ausone era
nipote di Noè.
I
primi greci ad entrare in Calabria sono stati condotti da Oenetrio figliolo di
Licone nel 2229.
Una
parte della Calabria fu anche detta Chonia o paese di Conij, dal patrimonio
Lacinio o Monte Libano, fino a Metaponto.
Strabone
dice che da Squillace al promontorio Lacinio questo territorio venne chiamato
Japigia.
Il
Sansovino e fra Filippo da Bergamo, dicono: Nel 3960 Dedalo nobile capitano dei
cretesi con Japige suo figliolo, navigando approdarono al promontorio Lacinio,
ove si stabilirono con una piccola Regia.
Nome Brettia:
P.
Fiore = Fra quelli che passarono in Italia Brettia o Bretto, sacerdote. Approda
al fiume Lameto, dove abitavano gli Oenotri, i quali lo accolsero bene e per la
sua bontà lo nominarono Re e così presero il nome di Bretti, nome che deriva
da Brezia figliola o nipote di Bretto.
Brezia:
P.
Fiore -= Città fabbricata dagli antichissimi Ausoni e poi col nome di Cosentia
presa per la Regia dei Brezij antichi e nuovi.
Altri nomi
Da
alcune notizie risulta:
La
Calabria fu denominata Enotria; terra del vino = Ausonia; terra degli uccelli e
dei canti; Opicia la terra delle dovizie = Tauronia; la terra del toro = Brezia
o Bruzio la terra dei Bretti.
I
Bretti erano detti bilingui, perché l’Osco ed il Greco parlavano, cioè il
loro primitivo linguaggio e l’altro che contrassero dopo avuta comunicazione
con i greci litorali.
Nella
media età del bronzo; cioè 1300/1200 a. C., la Calabria è abitata ormai da
gente i cui nomi sono passati dalla leggenda alla storia, tramandati dalla
tradizione ellenica: Siculi, Morgeti, Ausoni, Oenotri, nomi di un’antica
stirpe; la Mediterranea.
I
Bruzi, come si sa, erano di origine Sabelica, venuti dall’Umbria via mare.
Nel
355 i Bretti o Bruzi si avanzarono alla conquista dei Brutium (Calabria
attuale).
I
Bruzi nel terzo sec. a.C. formarono la cinta di Hipponion dall’impasto di
ciottolame cretoso secco; struttura che si nota come materiale stratificato
nelle costruzioni brezie.
Il
linguaggio della Calabria prima dell’occupazione greca era l’osco; gli osci
scrivevano da destra a sinistra.
Prima
ancora degli Osci in Calabria si rivelò l’esistenza di uno strato autoctono,
forse appartenente alle popolazioni indoeuropee, giunte in Italia prima del
greci.
Alla
metà del V secolo sparì il nome di Bruzio e la nostra Regione prese il nome di
Calabria, amministrata da uno stratega che risiedeva a Reggio.
Dalla
Rivista “Historia” (Settembre 1975 pagina 10).
“Quello
che noi sappiamo sui Bruzi o, meglio, sulla loro origine, è molto poco;
dobbiamo rifarci quasi esclusivamente agli storici greco-latini, anche perché
non esiste un’approfondita e valida opera su tutto il nostro periodo
preistorico. La loro origine attualmente è considerata incerta per non dire
sconosciuta. Per certo si sa che il loro linguaggio fu osco, questo da deduzioni
epigrafiche. Occuparono la parte meridionale della Calabria, un territorio cioè
che si estende dall’incirca a sud del Crati e del Lao. Vennero italicizzati e
sottomessi dai Lucani ed incaricati alla custodia delle greggi; Verso la metà
del IV sec. a. C. si ribellarono ai loro dominatori ed ottennero l’indipendenza.-
Fatto ciò, si costituirono in una forma di stato federativo, con capitale
Cusentia, quasi subito occuparono Terina, Ipponio, Turi e Sibari. In un secondo
tempo: Tempsa e Petelia. Lottarono accanitamente per la loro libertà contro Alessandro il Molosso e Agatocle. Con il sorgere della potenza romana, si opposero con tutte le forze e questa nuova supremazia. Si allearono, infatti, con Pirro e con i cartaginesi nella II guerra punica, contro Roma. Come è noto Roma la spuntò su tutti i suoi avversari del tempo; così anche i Bruzi furono vinti. A dimostrazione di ciò esiste un termine, usato dagli “Antichi magistrati romani inviati nelle varie province, che qualificano come “ruttiani” tutti i servi o schiavi alle loro dipendenze.
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